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Notte sui tetti di Shar-kûk

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view post Posted on 11/7/2014, 00:40
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DM Este - Colei che può usare il magico tastino del "BAN"

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La neve aveva imbiancato gran parte dei tetti del villaggio quando Yoru, con un atletico quanto pericoloso balzo, era piombato sull'erba. Avevo condannato quel gesto assieme a Yuuki, in quanto avrebbe seriamente rischiato di ferirsi nel caso fosse scivolato su una delle lastre di ghiaccio presenti nel balcone.

< Avrei riso sino a domani se ti fossi fatto male... > gli dissi in tono divertito, mentre la sua sposa mi dava ragione. Chi mai avrebbe potuto darci torto in quella situazione?
“Uomini...” pensai in quel momento, mentre Yoru si pavoneggiava del suo essere così acrobatico.

Era stata una mia scelta quella di dargli il cambio durante il pattugliamento quindi restai volentieri appollaiata sul tetto stretta nel caldo abbraccio del mio mantello. La neve e l'aria malinconica della pianura di Nurn mi ispiravano a cantare. E come ogni notte decisi di esibirmi e di creare una bolla di potenziamento per i miei fratelli nel raggio di qualche metro. Sapevo che qualcuno, più di altri, si fermava ad ascoltarmi. Come musicista dall'ego smisurato ne ero felice, gongolavo nella consapevolezza di avere un devoto ammiratore. Ma lui voleva qualcosa di più da me. Conoscevo troppo bene l'animo degli uomini, le loro perversioni ma soprattutto i loro desideri. Il nostro comandante sapeva essere anche un gentiluomo e si sforzava più che bene per non darlo e vedere, ma io ero sempre stata un passo innanzi a tutti. Da quando ero ricoperta dai tatuaggi esterling per controllare l'ombra, ero tornata ad essere la creatura geniale che si aggirava per Umbar. L'artista che era in me mi rendeva perfetta e completa. L'ombra sotto la mia pelle non riusciva ad emergere in alcun modo ed io la potevo sfruttare al meglio e con il minimo sforzo. Talmente presa da miei pensieri e dall'esecuzione di una ballata tipica dei numenoreani, che narrava la storia dell'incontro tra Sauron e Ar-Pharazôn, non mi accorsi che lui si era seduto sul tetto mantenendo una certa distanza. Smisi di suonare e mi voltai a guardarlo leggermente indispettita.

< Continua pure a cantare, Fynn, avessi saputo che ti saresti fermata non sarei salito... > mi disse senza nascondere quella punta di divertimento nella sua voce.
< Non ho bisogno di una balia mentre sto lavorando, comandante. Sono più che in grado di sostituire il principe Mor'dahud > gli risposi in tono secco.
< Lo so bene, Fynn. Hai una voce molto piacevole, dono raro per un'Ombra. Allora volevo fare lo spettatore ma più da vicino. E mi hanno definito in modi ben peggiori, “balia” è un complimento > rispose lui irritandomi ulteriormente.

Mi voltai di nuovo per evitare di guardarlo e di riempirlo d'insulti. Era pur sempre il mio comandante e le leggi dell'Ordine mi imponevano giustamente il rispetto per un diretto superiore. Prima che tornassi ad accarezzare le corde dell'arpa e continuare la mia ballata, lui mi fece una domanda a bruciapelo.

< Qual è la tua storia, Fynn? >
< Una storia come tante, niente di speciale > risposi in tutta fretta e con poco interesse, sperando che la sua curiosità si placasse.
< Quelli come me e te hanno sempre una storia. Per quanto possa essere banale e già vista merita di essere ascoltata, non credi?> la sua insistenza mi faceva venir voglia di saltare giù dal tetto come aveva fatto Yoru poco prima. Ma quando mi girai per guardarlo e chiedergli di lasciarmi stare mi accorsi che si era avvicinato di poco. Aveva sì i capelli ancora neri e scuri, ma gli occhi erano come i miei. Anche lui portava i segni della corruzione seppur leggeri.
< La conosci la mia storia, la conoscono tutti all'Ordine > non avrei mai voluto rispondergli ma lo feci rivolgendogli inconsciamente del tu. < Ho trascorso parte della mia vita nel vizio, ho ucciso molte persone, ho abbracciato l'ombra come una vecchia amica. Davvero non mi sembra niente di così eclatante >.
< Questa è la versione che tutti conoscono, è vero. Ma anche io sono stato umano per molti anni prima che qualcosa scattasse in me e mi cambiasse per sempre. Quindi qual è la tua storia, Fynn? > mi fece la stessa domanda e per un attimo rimasi immobile a guardarlo. Aveva sul volto la tipica espressione di chi non ha intenzione di mollare.
< Una storia per una storia, Dorian. Ti dico la mia se farai altrettanto > mi sembrò una richiesta più che ragionevole. E lui acconsentì.
< D'accordo, Fynn > e gesticolando mi invitò a cominciare. La mia storia sarebbe stata la prima.
Si mise comodo sul tetto, per quanto si potesse stare a proprio agio tra le tegole innevate, e rimase in religioso silenzio ad ascoltarmi.

< Sono nata ad Umbar quasi venticinque anni fa. Avevo una madre fin troppo amorevole e dal cuore gentile, una sorella più piccola di un anno che stravedeva per me e uno sporco bastardo per padre. Ci umiliava in ogni modo e quando era ubriaco si divertiva a picchiarci. Di solito era nostra madre a pagarne le conseguenze, ma ci andava pesante anche con mia sorella. Ero talmente invisibile per lui che nemmeno riteneva importante colpirmi con la cintura. Secondo lui ero figlia di un altro e ogni volta che incrociava il mio sguardo aveva la scusa buona per pestare a sangue mia madre. La accusava di averlo tradito... > respirai a fondo l'aria fredda della notte e continuai il mio racconto.
< Mio padre aveva sempre avuto il pessimo vizio di accusare gli altri dei crimini che gli appartenevano. Ho almeno una sorellastra ad Umbar e chissà quanti altri fratelli, d'altronde il vecchio bastardo non si sapeva tenere addosso i pantaloni soprattutto dopo aver scolato un'intera bottiglia di liquore. Aveva più amore da dare alle puttane al bordello che alla sua famiglia >.
Lo vidi trasalire ma la cosa durò un battito di ciglia. Mi fece cenno di continuare.
< Mia madre era una persona semplice dall'animo buono e lo aveva sempre riaccolto tra le sue braccia. Aveva insegnato sia a me che a mia sorella il potere del perdono, il voler cercare il lato positivo in ogni persona anche in quella più malvagia. Aveva permesso a me di studiare musica e mi aveva comprato i primi strumenti, a mia sorella aveva regalato piccoli attimi di felicità insegnandole a cucire. Lei rendeva quello schifo vivibile. Era il motivo per cui rimanevo ancora legata alla “luce” >. Mi fermai un attimo: un rumore di passi veloci ed una cavalcata avevano attirato l'attenzione di entrambi. Si trattava di Yoru che cercava di tenere il passo di Yuuki e di Veldrin. Percorrevano la strada per il Gorgoroth.
< Continua pure, Fynn. Dicevi che tua madre ti teneva legata in qualche modo > mi disse per farmi girare nella sua direzione e continuare.
< Si. Mia madre era come la speranza, quella a cui fanno affidamento da sempre gli uomini liberi. Ma quando mio padre ha ucciso lei e mia sorella è cambiato tutto > dissi a bassa voce tradendo una piccola emozione ed arrestando quel fiume di parole.
< Hai pensato che se le cose orribili accadono in un mondo dove ti viene promessa la speranza e ti viene insegnato a perdonare, non può certo esistere di peggio > e fu lui a dire le parole che mi ronzavano nella testa. Era quello che io avevo pensato tanti anni prima. Annuì e scacciai quella nota di malinconia dai miei ricordi.
< Ho pensato che abbracciare l'ombra non sarebbe stato poi così male, Dorian, se da sempre ne hai fatto inconsapevolmente parte. Non era così difficile passare in un mondo dove non c'è luce, dove non devi dare spiegazione per le tue azioni, dove non sei costretto a perdonare i mostri come mio padre. Mi sono semplicemente lasciata andare, l'ho ucciso ed ora sono qui > conclusi tutto d'un fiato.
Passò un minuto abbondante prima che Dorian smettesse di fissare il vuoto, pensieroso, e aprisse bocca rivolgendo di nuovo il suo sguardo nella mia direzione.
< Una storia per un'altra come d'accordo > mi disse.
< E' il tuo turno > lo incalzai.
< Non ho mai conosciuto mia madre né tanto meno mio padre. Lei era sicuramente una giovane prostituta costretta ad abbandonare suo figlio per necessità. Mi ha lasciato davanti alla porta di un fabbro a Tharbad tanti anni fa. Sono un po' più vecchio di quel sembra, mi mantengo giovane e bello grazie alla corruzione> cercò di strapparmi un sorriso ma mi limitai a sollevare gli occhi al cielo. Lui tossì e proseguì con il racconto. < Lì ho lavorato per molto tempo con Boim, l'avevo conosciuto quando era ancora un bambino, e grazie a lui avevo racimolato i primi soldi. Poi mi sono accorto che fare il ladro non mi bastava, aspiravo a qualcosa di meglio. Per questo mi sono imbarcato per Umbar e mi sono unito ai mercenari di Sauron. Ho ucciso chi dovevo e chi volevo, ho fatto tutto ciò per cui ero pagato. Mi sono salvato durante la guerra fuggendo assieme ai numenoreani di Carn Dum. E lì che ho conosciuto il mio maestro, Veldrin, a cui devo tutto ciò che sono. Mi ha addestrato e fino a poco tempo fa mi ha tenuto chiuso all'Ordine per rendermi l'Ombra che sono. Io l'ho abbracciata perché ero destinato a qualcosa di più grande, come umano non avevo ricevuto niente e persino mia madre mi aveva gettato via come un sacco di rifiuti. Volevo dimostrare il contrario > concluse il suo breve racconto lasciando me pensierosa stavolta. Io avevo ricevuto un po' di affetto e conforto da mia madre e mia sorella, ma lui da nessuno.
< Come hai fatto a controllare la tua Ombra?> gli chiesi.
< Addestramento e i tatuaggi, Fynn. Li porto anche io > e sollevò la manica della sua camicia per mostrarmi una serie di spire nere. Prima che la riabbassasse notai un movimento repentino dei tatuaggi nella mia direzione. < Non ti ricordi di me ma ci siamo visti tante volte. Ci siamo incrociati nei momenti in cui eri fuori di te e di tenevano in quattro. Tu l'hai fatta entrare in profondità Fynn, sei salva per un pelo > aggiunse.
< Già... l'ho lasciata entrare e ho rischiato di perdere tutto ciò che ho ora >.
< Perchè, Fynn? C'è sempre un motivo e con me non puoi mentire. Io l'ho fatta entrare perché l'Ombra è stata l'unica cosa che mi abbia fatto sentire utile ma soprattutto vivo. Ma tu? > il suo incalzare mi metteva a disagio perché per me lui rimaneva uno sconosciuto. Avrei davvero potuto rivelare al mio comandante il motivo per cui ero quasi morta schiacciata dal peso dell'Ombra?
< Non insistere su questo, Dorian. E' personale. Ho già detto fin troppo, d'altronde cosa sei tu per me?> la mia risposta fu secca e decisa.
< In questo momento non sono il tuo comandante, vedimi come un buon ascoltatore che ha avuto il tuo stesso percorso con qualche differenza > e di nuovo la sua risposta mi mise a disagio.
< Ho altri ascoltatori per questo, Dorian >.
< Tipo il tuo fidanzato?> ribattè.
< Attento a quel che dici, Dorian. Stai parlando del principe di Harad. E non è il mio “fidanzato”, ma un caro amico. Cosa ne vuoi sapere tu? Controlla le parole o me ne fregherò altamente del tuo grado di comando! > per rafforzare la mia minaccia gli puntai un coltello alla gola. Lui non si mosse ma sorrise. Stavo rischiando grosso in quel momento e lo sapevo, ma la sua impertinenza era irritante. Il comandante mi fece abbassare il pugnale e mi chiese di tranquillizzarmi. Respirai a fondo e mi scusai.
< Oltre a saper ascoltare so anche osservare, Fynn. Ognuno di noi fa quello che ritiene giusto per controllarsi. Era solo una sciocca battuta... ma tu dovresti rilassarti. Potrei farti rapporto per questo > da come mi si era rivolto era fin troppo palese che era stato discepolo di Veldrin, era calmo e pacato come lo specchio di un lago.
< Mi scusi, comandante. Non si ripeterà mai più. Ma davvero mi innervosite... > riposi il pugnale e il tono della mia voce dimostrava che ero sincera nello volermi scusare. La sua era stata solo una battuta, fuori luogo, ma si limitava a quello.
< Perchè ti rendo nervosa, Fynn? >
< Perchè mi girate attorno come un avvoltoio. Io non sono interessata a nessuna cosa vi passi per la mente > ritornai a dargli del voi per alzare una barriera tra me e lui.
< Non ho detto né fatto nulla, Fynn. Non ti fasciare la testa prima che sia rotta > mentre mi diceva quelle parole decise di distanziarsi fisicamente, come se avesse intuito che avevo bisogno di spazio. < Sono io a dovermi scusare con te, non volevo importunarti >. Era sincero e non avevo dubbi, da sempre ero stata abile nello scoprire i bugiardi e nell'evitare i raggiri.
Non so cosa mi avesse spinto a compiere il passo successivo, ma non ci pensai troppo a lungo a cercarne una ragione. E gli dissi una cosa che non avevo mai confessato a nessuno.
< L'ho fatta entrare per riempire il vuoto che si era creato nel mio cuore. L'Ombra era l'unica cosa che mi facesse provare dei sentimenti, anche se di odio e vendetta, che mi facesse sentire viva in un mondo dove di vita non ce n'era più. Senza l'ombra ero solo un guscio vuoto. Non ero più nulla. Avevo perso la speranza > e glielo dissi con gli occhi pieni di dolore e di calde lacrime. Il pesante tratto di matita nera, in gran parte colato a causa della neve, arrivò sino alle mie gote mentre folate di vento gelido mi scompigliavano i capelli.
< Ed ora che è sotto controllo sento di nuovo quel vuoto. In parte riesce a colmarlo Caranthir, ma non basta. Nessuno potrà mai ridarmi la speranza > un singhiozzo, infido e inopportuno, mi fece tacere.
Il modo in cui mi guardò mi fece sussultare. Non so cosa stesse provando in quel momento o a cosa stesse pensando. Si limitò ad alzarsi e prima di saltare giù dal tetto e svanire mi disse qualcosa che mi turbò.
< Devo andare via da qui... > la sua voce tremava.
Di nuovo mi lasciai avvolgere dal mantello e attesi l'alba. Perchè gli avevo confessato una cosa così intima? L'avevo davvero sconvolto con le mie parole? Avrebbe sicuramente fatto rapporto.

Edited by Highway To Implosion - 11/7/2014, 01:55
 
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