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Il Cavaliere illuminato dalla Luna, Background di Darien Alderon

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view post Posted on 25/5/2014, 18:04
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Il Signore delle Tempeste

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Catania

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Nome: Darien Alderon
Classe: Bardo 6 / Discepolo del Drago (Blu) 10 / Campione di Torm 24
Razza: Umano rohirrim
Allineamento: Neutrale Buono
Provenienza: Estfalda (Rohan)
Aspetto fisico e caratteristiche particolari: l'aspetto è tipicamente rohirrim, con capelli biondi di media lunghezza, barba e occhi di un blu profondo. Dotato di una struttura fisica a dir poco impressionante (sia per altezza che per massa muscolare), è però carismatico e di bell'aspetto e possiede il carattere di chi, nonostante tutto, non ha mai smesso di sognare. Una cicatrice, simile a un fendente di spada, gli taglia diagonalmente la fronte e lo zigomo sinistro.



"Magia, stregoneria. Prima ancora della sua repentina diffusione nella Terra di Mezzo, essa aveva già segnato la mia vita.

Ero ancora un ragazzino, quando il Male si abbattè sulle verdi terre di Rohan. Gli orchi di Saruman, le prime razzie dei nostri villaggi... ricordo ancora l'Estfalda in fiamme e la fuga precipitosa a cavallo.
<<proteggi tua sorella, Darien. Fuggite!>> furono le ultime parole di mia madre prima di venire uccisa. Avrei voluto smontare da cavallo, impugnare l'ascia da boscaiolo di mio padre e cercare di salvarla, ma cosa avrebbe potuto fare un bambino di dieci anni contro un plotone di orchi, per giunta con una bambina di due anni fra le braccia?
Poi la fuga disperata verso Edoras e l'adunata al fosso di Helm per l'ultima disperata resistenza. Bambini, anziani, uomini che la guerra l'avevano solo sentita nominare nelle grandi cronache del passato: tutti lì, vestiti di cotte di maglia ed equipaggiati con armamenti di fortuna ad attendere il proprio appuntamento con il destino. Fu lì che incontrai finalmente mio padre, vigoroso boscaiolo fin quando non venne chiamato a servire il regno come soldato. Il pensiero di poter rischiare di vedere il proprio bambino morire in battaglia lo atterriva, ma la sua fierezza non lo tradì neppure in quel momento. Giurammo di vendicare mia madre e di tornare a riprendere mia sorella, una volta conclusa la battaglia.
Ma i poteri che si erano scatenati su di noi erano troppo violenti e imprevedibili perchè tutto potesse giungere a un lieto fine. Nel cuore della battaglia, io e mio padre combattevamo fianco a fianco sulle mura parandoci le spalle a vicenda, temprati dal Riso di Tulkas nella santità della nostra solenne promessa, mentre abbattevamo una dopo l'altra le scale degli orchi. Vidi in lontananza una di quelle creature ripugnanti correre con una torcia, venire colpito dagli arcieri e ciononostante riuscire a tuffarsi nel canale di scolo. Poi, il mondo andò in frantumi. Sentii il calore invadere il mio corpo mentre pezzi di roccia mi fischiavano intorno, vidi mio padre travolto dall'esplosione. Poi, più nulla.

Era finita. La magia dello Stregone ci aveva sconfitti ed io, ancora bambino, avevo perso la mia intera famiglia nel modo più crudele possibile. Poi mi venne in mente Elisa, mia sorella. Non avevo perso tutta la mia famiglia, la morte non era un lusso che in quel momento mi potevo concedere. Mi costrinsi a sopravvivere. Aprii gli occhi e trovai una strana figura barbuta ad osservarmi, vagamente sorpresa del fatto che fossi riuscito a sopravvivere all'esplosione di fuoco e roccia. Era un nano, mi avevano spiegato, il suo nome era Gimli. Mi rimise in piedi e mi porse l'ascia di mio padre senza dire una parola, poi caricò gli orchi con un furore che non avevo mai visto e la cui visione mi ispirò per anni a venire. La disperazione avrebbe atteso, ora più che mai era giunto il momento della vendetta.
In qualche modo sopravvivemmo a quella terribile notte e poi alla guerra. Ma ero solo e con la responsabilità di Elisa sulle mie spalle. Rimanemmo al fosso di Helm, potendo contare solo sulla bontà di chi poteva offrire un giaciglio e un pezzo di pane a due bambini, e così trascorsero i giorni fino alla fine della guerra, senza mai dimenticare nè i torti dello Stregone nè l'eroismo del nano barbuto.

Poi venne il giorno in cui i nani vennero ad Aglarond e grande fu la mia gioia quando riuscii non solo a trovare una famiglia che potesse occuparsi di Elisa e darle una vita migliore di quanto potessi offrirle al momento, ma anche ad essere accolto sotto l'ala protettrice dei nani. Fu sotto la guida di Farin, sacerdote di Mahal (Aulë), che cominciai il mio addestramento. Scelsi l'ascia nanica come mia arma, un omaggio tanto alle mie origini quanto ai miei nuovi mentori.
Sognavo di diventare un guerriero, un protettore degli oppressi e di quanti avevano condiviso il mio dolore. Ma Farin, buon vecchio Farin, aveva forse visto qualcosa in me, ed aveva altri piani. Parallelamente al mio addestramento, cominciai a studiare. Ed ero bravo, sorprendentemente bravo per un umile figlio di taglialegna!
Passarono gli anni, visitavo molto spesso Elisa e i miei studi spaziavano dalla tattica militare alle antiche canzoni di tempi ormai perduti. Persino libri di magia, malgrado non fosse il mio campo di applicazione desideravo conoscere il più possibile quello che per certi versi consideravo "il mio nemico": del resto, anche un guerriero deve potersi difendere da una forma tanto "vigliacca" di attacco, per quanto possibile. Libro dopo libro, la mia voglia di conoscere il mondo aumentava. Sognavo di librarmi nel cielo notturno come Vingilot, attraversare i verdi campi dell'Estfalda con la velocità del pensiero e volare sempre più in alto, fino a toccare le stelle con un dito. La notte spesso sgattaiolavo fuori dal letto per osservarle e cantavo al chiaro di luna fin quando le prime luci dell'alba non mi ricordavano di essermi per l'ennesima volta addormentato all'aperto. Fu così che offrii la mia ascia e il mio cuore alla Regina delle Stelle. Farin era alquanto incuriosito dai miei sogni e questa mia attrazione nei confronti del cielo notturno ma, quali che fossero i suoi pensieri, li tenne per sè.

Una volta completato il mio addestramento, decisi che mi sarei preso un periodo decisamente più lungo del solito da passare insieme ad Elisa, a Dunclivo. Lungo la strada, io e Farin capitammo una sera nei pressi di un villaggio attaccato dai dunlandiani. Gli abitanti erano pochi e disorganizzati, avrebbero senz'altro avuto la peggio se non fosse stato per il nostro intervento. Fu non appena eliminato l'ultimo predone che sentii un grido proveniente da un granaio in fiamme: dal piano più alto una bambina chiamava disperatamente aiuto. Per un attimo credetti di avere le allucinazioni, pensando ci fosse Elisa affacciata a quella finestra. Preso dalla foga, sfondai la porta dell'edificio in fiamme e mi precipitai dentro prima che Farin potesse avere il tempo di proteggermi con un qualsivoglia incantesimo, passai fra le travi in fiamme cercando di ignorare il dolore. Ma non vi era nessun dolore, il calore sembrava non avere il minimo effetto sulla mia pelle. Fu così che la bambina venne portata in salvo e io me la cavai con solamente la camicia bruciata.
Farin stentava quasi a crederci, venne di corsa a soccorrermi e controllare eventuali bruciature che inspiegabilmente non presentavo. Gli chiesi se fosse merito suo, ma mi rispose sconcertato di no. Il mistero fu svelato quando mi tolsi quei pochi brandelli che rimanevano della mia camicia, quando il nano soffocò per poco un urlo. <<mahal ci aiuti!>> disse alla vista di due striature azzurre presenti sulle mie scapole che, a un esame più accurato, si rivelarono formate da piccole squame color zaffiro.
Non riuscivo a capire il motivo di tanta preoccupazione, Farin mi aveva sempre colpito per la sua imperturbabilità. Mi disse che dovevo partire immediatamente, raggiungere il Verdecammino e viaggiare a nord verso Brea. Da lì mi sarei poi dovuto dirigere ad est, alla ricerca di Re Elrond di Gran Burrone. Non mi sapeva dire con certezza cosa quelle squame comparse improvvisamente potessero significare, ma mi consigliò di tenere la loro esistenza un segreto. Mi disse che Elrond il Mezzelfo era l'unico a potermi dare risposte certe e che prima le avessi ricevute, meglio sarebbe stato per tutti. Tentai di fare delle domande, di capire i motivi dell'agitazione, il nano si ricompose quel tanto che basta per rivelarmi che le sue erano solo supposizioni, ma non credeva che i miei sogni ricorrenti e la mia miracolosa sopravvivenza al Fosso di Helm e al granaio fossero eventi casuali e slegati fra loro. Ma solo un maestro del sapere del calibro di Elrond avrebbe saputo fare chiarezza.
Fu così che, senza nemmeno aver potuto rivedere Elisa, mi feci carico del mio bagaglio e mi congedai dal mio mentore. Mi impartì le sue benedizioni e, dopo tutte le raccomandazioni di prudenza del caso, promise che ci saremmo rivisti ad Aglarond.

Solo e con troppe domande senza risposta in testa, ho promesso solennemente di tornare finalmente da Elisa e di impugnare la mia ascia per il bene del mio popolo. Possa ancora una volta il chiaro di luna indicarmi la via."


Edited by Janosh Thunderstorm - 11/6/2014, 20:21
 
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