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Cacciatore di Dannati, L'evoluzione della storia di Viggen Sovngarde

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view post Posted on 6/8/2013, 18:18
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Il Signore delle Tempeste

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In questo topic viene ulteriormente sviluppata la storia di Viggen Sovngarde, chierico di Manwë e Cacciatore di Dannati. Il racconto comincia con il background intitolato "La Spada e la Tempesta", che puoi leggere cliccando questo link.









Le tenebre sull'Anduin inghiottirono la piccola barchetta che vagava sul fiume apparentemente senza timoniere. Al suo interno, sdraiati e ricoperti da un tendone lacerato, Viggen Sovngarde e Sybil Crane traversavano di nascosto l'Anduin poco sotto le rovine orientali di Osgiliath.
Era stato facile sviare gli orchi: la parte sudorientale della città era quella più devastata e non vi si potevano erigere dei presidi permanenti, per cui era bastato un elementale che colpisse alle spalle una delle guardie per scatenare una rissa che si propagò in breve verso nord, a coinvolgere buona parte della guarnigione. Tanto bastava, se vi fossero state guardie umane a sedare la rivolta la loro traversata sarebbe comunque passata inosservata ad occhi sicuramente meno abituati al buio di quelli orcheschi. Cosa sarebbe accaduto dopo, quello si sarebbe visto a tempo debito. La paladina sosteneva sarebbero stati lasciati passare dichiarando le loro intenzioni, ma Viggen non ne era poi molto convinto: oltre a non fidarsi degli orchi, temeva che i loro paramenti religiosi gli avrebbero procurato ben poca comprensione, tregua o non tregua.



Sentì il respiro di Sybil farsi più regolare, segno che la giovane si era addormentata. Decise di non svegliarla, ma allentò la grossa spada dal fodero.

Il Gran Sacerdote Kennallenner lo condusse in una stanza spoglia nei sotterranei del grande tempio di Minas Tirith. Ad attenderlo trovò un vecchio nano tondo come un'otre. Il suo nome era Nàin Panciadirame, e la sua fama come uno dei più grandi artigiani del mithril della Terra di Mezzo non aveva certo faticato a raggiungere le oreccie di Viggen in gioventù. Il nano stava provvedendo alla forgiatura di pugnali da lancio con un metodo che Viggen non aveva mai visto adoperare prima: intorno ad un'anima di frassino che ne costituiva l'impugnatura, venivano saldate delle sottilissime lamine d'argento che venivano poi raffreddate in acqua santa; il procedimento veniva poi ripetuto di lamina in lamina fino ad ottenere il pugnale, che veniva poi lasciato a raffreddare in vasi contenenti della terra. "Terra?" chiese Viggen. "Sì, terra raccolta intorno alle radici dell'Albero Bianco. Un procedimento assolutamente inedito" sorrise il vecchio nano, che gli porse uno dei coltelli già finiti indicandogli un manichino da addestramento. "Provali." Il lancio terminò con un centro perfetto al centro dell'ipotetico cuore del manichino, trapassandolo da parte a parte e conficcandosi nel muro con una fiammata. "Straordinario!" esclamarono a una sola voce i due sacerdoti, suscitando un mezzo sorriso di soddisfazione nel nano.
Ma lo sguardo di Viggen fu catturato da un altro manichino, più a lato. Calzata su di esso vi era un'armatura colossale, nera come la notte e minacciosa come forse mai ne aveva viste prima d'ora. Piastre lucide e piastre opache con decorazioni di mithril puro si intersecavano alla perfezione formando una difesa pressochè impenetrabile. L'elmo cornuto sembrava in grado di poter frantumare le mura della città a testate. L'insieme era allo stesso tempo maestoso e terrificante, un'armatura forse più adatta a un signore della guerra che ad un cavaliere consacrato, ma fu un particolare a colpire Viggen: le piastre principali del torso e delle gambe erano costellate di occhielli in cuoio e spuntoni.
"A che servono?" chiese meravigliato. "Sono gli alloggiamenti dei pugnali, dubito ti dispiacerà averne addosso una certa quantità" rispose Nàin. Viggen stentava a credere che un'armatura del genere fosse destinata a lui, fin quando il Gran Sacerdote non gli porse un tabarro blu decorato con fili d'oro e con ricamata sul petto una grande aquila dorata: un paramento degno di un re, più che di un semplice sacerdote. E così Viggen fu il primo ad essere insignito del titolo di Cacciatore di Dannati, un piccolo ordine di sacerdoti e cavalieri dedito allo sterminio dei non-morti. Avrebbe sfidato i vampiri sul loro stesso terreno, la notte, e stavolta aveva l'equipaggiamento adatto a fare il paio con la sua feroce determinazione.



Mancavano ancora un paio di ore all'alba, quando la prua della barchetta raschiò la sponda orientale dell'Anduin. Viggen sobbalzò col cuore in gola, persosi fra i propri pensieri, e sbirciò da uno degli strappi della tela. Nessuno in vista, la corrente li aveva però trasportati leggermente più a sud. Poco male in quanto avrebbero potuto cercare riparo fra le propaggini settentrionali dell'Ithilien. Con la massima delicatezza, prese in braccio Sybil, ancora addormentata, e si inoltrò nel bosco. Non ebbe percorsa molta strada, quando trovò una rientranza nelle rocce schermata da fitti arbusti che avrebbe fatto al caso loro. Depose la ragazza ancora addormentata a terra, stupito dalla totale assenza di cigolii e rumori metallici vari dalla propria armatura e si sedette accanto a lei ad attendere l'alba, intagliando un ramo d'albero per ingannare il tempo.

Erano passati ormai mesi dal suo ritorno alle terre a nord-est del Gundabad, a caccia dell'ultima fra i suoi cinque compagni. Sebbene Aranar, Arahir e Daros fossero definitivamente caduti, per qualche motivo Haldar aveva riguadagnato un minimo di coscienza prima di spirare una volta per tutte, forse un segno di come Varda non avesse voluto abbandonare il proprio paladino neppure nella non-morte. Fu proprio Haldar, col cuore spaccato dalla lama della lunga spada di Viggen, a indicargli la giusta direzione. Gli incontri con i primi tre furono assolutamente fortuiti: Aranar e Arahir avrebbero dovuto soggiogare gli spettri delle rovine di Annùminas, Daros si sarebbe dovuto infiltrare a Moria ma disobbedì agli ordini per tendere un agguato a Viggen, sopraffatto com'era dalla sete di sangue. Ma gli ordini di chi? Daros riuscì solo a nominarlo come "il Principe", il necromante vampiro che aveva dannato le anime dei cinque compagni.
Seppe che Haldar era stato inviato lì al Dwimorberg per soggiogare il Signore della Strada dei Morti e reclamarne la spada Nuruhuine, la stessa che Viggen aveva conquistato anticipandolo e che ora squarciava il petto dell'ex-paladino infondendovi il gelo della morte. A tutti i compagni era stata data una missione, chiamando a raccolta i non-morti della Terra di Mezzo per stringere in una morsa mortale quei pochi regni che ancora opponevano resistenza all'avanzata della morte o recuperando potenti artefatti da porre al servizio del misterioso Principe.
E Tasheni? Lei era divenuta un vampiro superiore a tutti loro, progenie in linea diretta del necromante. La sua missione era segreta, Haldar sapeva solo che sarebbe tornata al luogo dov'erano morti. Haldar non riuscì a dire altro, essendo la sua ora giunta adesso per la seconda volta. Il suo spirito tornò finalmente alle Aule di Mandos.

Fu così che Viggen tornò in quelle terre maledette e fu sfidato da Tasheni. Trovò una freccia all'imboccatura della caverna, una rozza mappa disegnata con il sangue che ne stillava dalla punta. Indicava un punto nella parte sudoccidentale del Bosco Atro, probabilmente Dol Guldur. Malgrado sapeva potesse trattarsi di una trappola, Viggen marciò per giorni a tappe forzate, senza riposo, verso l'antica fortezza.
Alle pendici di Amon Lanc subì un'imboscata da parte di neo-vampiri, i fori sul collo ancora freschi. Dalla cima della collina, una figura femminile osservava senza prendere parte alla battaglia. Malgrado la luna non riuscisse a penetrare le tenebre della figura, Viggen seppe che Tasheni lo stava studiando. Sapeva che non lo avrebbe mai affrontato senza prima valutarne la forza, e Viggen non poteva sottrarsi dallo stare al gioco, se voleva marcare stretto la vampira. Liberatosi senza troppe difficoltà dei servitori, corse in cima alla collina per trovare unicamente due libroni abbandonati e dati alle fiamme, quasi totalmente consumati. Libri di conoscenze proibite senza dubbio, riuscì a salvarne un pezzo di copertina di uno. Di Tasheni nessuna traccia, ma fortunatamente aveva una pista da seguire.
Si recò quindi a Isengard, sperando in un aiuto da parte del Mago Rosso. Con sua enorme sorpresa, scoprì che il frammento di copertina non forniva assolutamente nessun indizio al potente Gheldar. Seppe però, alla fine di una lunga divinazione, che un altro di quei libri giaceva perduto fra le rovine di Osgiliath. Ancora una volta Viggen si mise in viaggio, programmando di fare però prima tappa a Minas Tirith.
Fu lì che il Gran Sacerdote Manteren Kennallenner lo insignì del titolo di Cacciatore di Dannati e lo armò a dovere per la missione.

Arrivato a Osgiliath, dopo tante ricerche riuscì finalmente a trovare la biblioteca nascosta, fortunatamente nella parte occidentale della città. I libri che trovò, pochissimi dei quali esibivano stralci di scrittura sufficientemente leggibili parlavano di un misterioso culto segreto di vampiri e di raccapriccianti rituali di potenziamento. La cosa più inquietante era che essi non fossero rivolti a Melkor, ma ad una misteriosa "tenebra al di là della tenebra".
L'ultimo fra i libri che consultò era una sorta di diario in adunaico antico. Una delle ultime pagine narrava di qualcosa - un luogo in cui si sarebbe trasferito il culto o un oggetto molto importante, la descrizione non era chiara - situato in una terra avvolta dalle tenebre perenni. Fu l'incontro fortuito con Sybil Crane a fargli individuare nell'Emyn Muil il suddetto luogo. La ragazza, malgrado fosse giovane, aveva già una certa fama all'interno del tempio; nonostante questo, e nonostante l'assistenza di Sybil gli fosse stata caldamente consigliata, Viggen non avrebbe di certo esitato ad abbandonarla e proseguire da solo qualora le cose si fossero fatte troppo pericolose. La questione era assolutamente personale.




Viggen si era addormentato, il sonno tormentato da strani incubi. Sognava di venire morso da Tasheni e tramutato in vampiro. Sentì le forze abbandonarlo quando il sogno cambiò. Adesso era nelle terre dei troll e osservava la scena dall'alto. Vide se stesso, Haldar e la donna combattere contro l'esercito di non morti. Vide il paladino cadere e i due scappare in direzioni diverse. Sorrise, sentiva quello sarebbe stato il momento adatto. Discese silenziosamente la rupe, atterrando alle spalle della mezz'elfa e la stregò con un'incantesimo, dischiuse le fauci...

"No! NO! Nnnmfgh...." si svegliò di soprassalto con Sybil che gli tappava la bocca per impedirgli di urlare. Sudava freddo, ma si ricompose in breve. "Dove siamo?" chiese la paladina guardandosi intorno? "Praticamente in Ithilien, abbiamo fatto un po' più di strada del previsto", rispose Viggen. "Ho preferito non svegliarvi, perdonatemi. Dovremo essere al massimo delle nostre forze per la seconda parte della missione." La paladina gli scoccò un'occhiata eloquente. "Sarà bene che vi racconti tutta la storia dal principio. È il momento di mettersi in marcia." Le porse una mano per aiutarla ad alzarsi.
Uscirono dalla boscaglia e si misero in marcia. La parte più pericolosa della missione aveva dunque inizio.

Edited by Janosh Thunderstorm - 6/8/2013, 19:34
 
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