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Ricordi di Arda, Immagini e piccoli racconti ad opera di Kalayaan Najar

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view post Posted on 22/8/2012, 16:44
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DM Este - Colei che può usare il magico tastino del "BAN"

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L’album riporta dei pregevoli disegni sia in bianco e nero che a colori, rappresentanti avvenimenti e personaggi della storia del mondo o semplicemente delle persone care. Il tratto è preciso, accattivante, tanto da rendere quasi reali queste vere e proprie opere d’arte, a dimostrazione di come Kalayaan sia una pittrice di talento. I dipinti sono tutti firmati dalla giovane e accompagnati da una breve descrizione riportata nel retro.

[N.B. In GDR ON si tratta di un’opera esclusiva del mio personaggio, in OFF le immagini che ho utilizzato sono prese da vari siti fantasy all’unico scopo di creare questa sorta di “diario fotografico”, non sono quindi una mia creazione ma di grandi artisti, come Royo ed Heise, o di appassionati del genere. Le parti narrate in grigio sono dei passi tratti da “Il Silmarillion” di J.R.R Tolkien (le parti della storia di Arda più amate dal mio personaggio), il resto sono accenni di giocate e quest varie ^^ Il lavoro che ho fatto, infine, è dedicato ad otto anni di gioco e all’opera omnia di Tolkien, che ci ha ispirato a trasformare un’esperienza di GDR in esperienza di vita, insegnandoci che le cose belle non accadono mai per caso ^^ Ringrazio tutti i DM, i giocatori e le persone care che ci hanno aiutato. Agli Highway un pensiero speciale, perché non si tratta solo di compagni di gioco ma di fratelli e sorelle :)]



Eru Ilùvatar

[…]
«Del tema che vi ho esposto, io voglio che voi adesso facciate, in congiunta armonia, una Grande Musica. E poiché vi ho accesi della Fiamma Imperitura, voi esibirete i vostri poteri nell’adornare il tema stesso, ciascuno con i propri pensieri e artifici, dove lo desideri. Io invece siederò in ascolto, contento del fatto che tramite vostro una grande bellezza sia ridesta in canto».
[…]


01iluvatar





Le Mura della Notte e Utumno

[…]
Poi Tulkas s’addormentò, stanco e soddisfatto, e Melkor pensò che la sua ora fosse giunta. Per tale ragione oltrepassò con il suo esercito le Mura della Notte, e giunse all’estremo nord della Terra di mezzo; e i Valar non se ne avvidero.
Allora Melkor diede mano agli scavi per la costruzione di una grande fortezza in profondo sotto la Terra, sepolta da scure montagne in luoghi dove i raggi di Illuin erano freddi e deboli. La rocca fu detta Utumno; e, benché i Valar nulla ancora ne sapessero, la malvagità di Melkor e la perfida influenza del suo odio ne esalavano, sì che la Primavera di Arda ne fu guasta. Verdi cose s’ammalarono e marcirono, e fiumi restarono intasati da erbacce e limo e si formarono maremme, fetide e attossicanti, vivai di mosche; e foreste crebbero buie e perigliose, ricettacoli di paura; e bestie divennero mostri grevi di corna e zanne, e tinsero la terra di sangue. Allora sì i Valar s’avvidero che Melkor era nuovamente all’opera, e si posero alla ricerca del suo nascondiglio. Ma Melkor, che riponeva fiducia nella solidità di Utumno e nella possanza dei suoi servi, all’improvviso salì in guerra, sferrando il primo colpo prima che i Valar si fossero apprestati; e assaltò i luminari Illuin e Ormai, e ne abbattè i pilastri e ruppe le lampade. Il crollo dei possenti pilastri schiacciò terre e sollevò mari; e le lampade, rovesciandosi, versarono fiamme devastatrici sulla Terra. E all’epoca la forma di Arda e la simmetria delle sue terre furono deturpate, sì che gli originali progetti dei Valar mai più vennero ripristinati.
Nella confusione e nel buio, Melkor fuggì, sebbene la paura lo attanagliasse; che sopra il fragore dei mari udiva la voce di Manwë simile a un vento possente, e il suolo tremava sotto i piedi di Tulkas. Ma riuscì a raggiungere Utumno prima che Tulkas gli fosse addosso; e quivi si tenne nascosto. E per il momento i Valar non poterono vincerlo, che gran parte della loro forza era necessaria per placare i tumulti della Terra e per salvare dalla rovina ciò che poteva essere recuperato delle loro fatiche; e in seguito temettero di rimettere a soqquadro la Terra, in attesa di sapere dove sarebbero dimorati i Figli di Ilùvatar, che ancora erano a venire in un tempo celato ai Valar.
Ebbe così termine la Primavera di Arda.
[…]


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I Silmaril

[…]
Fëanor infatti, giunto alla pienezza del proprio vigore, era tutto preso da un nuovo pensiero, ma può anche essere che abbia preavvertito un’ombra della sorte che s’avvicinava; e rifletteva su come conservare imperitura la luce degli Alberi, gloria del Reame Beato. Diede allora mano a un lungo e segreto lavoro, facendo appello a tutta la propria sapienza, potenza e sottile abilità; e alla fine, ecco che produsse i Silmaril.
I quali erano, quanto a forma, come tre grandi gioielli. Ma soltanto alla Fine, quando ritornerà Fëanor che perì prima che il Sole fosse fatto e siede ora nelle Aulë d’Attesa, e non viene più tra i suoi simili: non prima che il Sole trapassi e la Luna crolli, si saprà di quale sostanza fossero fatti. La quale sembrava simile al cristallo dei diamanti, eppure ne era più forte, sicché non c’era forza, nel Regno di Arda, bastante a guastarla o spezzarla. Pure, il cristallo era, per i Silmaril, null’altro che ciò che il corpo è per i Figli di Ilùvatar: la dimora del suo fuoco interiore, che è in esso e insieme in ogni parte di esso, e che ne costituisce la vita. E il fuoco interno dei Silmaril, Fëanor lo ricavò dalla luce amalgamata degli Alberi di Valinor, che pur sempre vive in loro, ancorché gli Alberi da tempo siano isteriliti e più non splendano. Sicché, anche nel-la tenebra del più profondo tesoro i Silmaril per radianza propria splendevano come le stelle di Varda; pure, essendo essi in effetti cose viventi, della luce godevano e la recepivano e la restituivano in sfumature più meravigliose ancora.
Chiunque dimorasse ad Aman fu ricolmo di meraviglia e piacere per l’opera di Fëanor, e Varda consacrò i Silmaril, sì che in seguito nessuna carne mortale, nessuna mano impura, nulla di malvagio potesse toccarli senza bruciare e avvizzire; e Mandos predisse che i destini di Arda, terra, mare e aria, erano racchiusi nei Silmaril. Il cuore di Fëanor era legato a doppio filo a quelle cose da lui stesso prodotte.
Allora Melkor bramò i Silmaril, e la memoria stessa della loro radianza fu un fuoco che gli smangiava il cuore.
[…]


04thethreesilmarils





Lammoth

[…]
Ora Morgoth s’avvicinava alle rovine di Angband, là dove un tempo aveva sede la sua grande roccaforte occidentale; e Ungoliant ne intuì la speranza, seppe che avrebbe tentato di sfuggirle, e lo fermò, chiedendogli di mantenere la promessa fattale.
«Cuor nero!» gli disse. «Ho fatto come volevi. Ma io ho ancora fame.»
«Che altro vuoi?» chiese Morgoth. «Desideri forse il mondo intero onde riempirti la pancia? Mica ho promesso di dartelo. Io ne sono il Signore.»
«Non chiedo tanto» replicò Ungoliant. «Ma a Formenos ti sei impadronito di un grande tesoro; lo voglio tutto. Già, a piene mani tu me lo darai.»
E allora, volente o nolente, Morgoth le consegnò le gemme che portava con sé, una a una, mugugnando; ed essa le divorò, e la loro bellezza scomparve dal mondo. Ancora più brutta e scura divenne Ungoliant, ma la sua brama era insaziata. «Con una mano sola hai dato,» disse «soltanto con la sinistra. Apri la destra.»
Nella destra, Morgoth teneva stretti i Silmaril e, benché fossero chiusi in uno scrigno di cristallo, avevano cominciato a ustionarlo, e il suo pugno chiuso era dolente; ma non voleva aprirlo. «No!» esclamò. «Hai avuto il tuo. Perché la tua opera è stata compiuta grazie al potere che io ho messo in te. Non ho più bisogno di te. Queste cose tu non le avrai né le vedrai. Saranno mie per sempre.»
Ma Ungoliant era divenuta grande, ed egli s’era rimpicciolito per via del potere che aveva ceduto; ed essa gli si levò contro, e la sua nube gli si serrò attorno, e Ungoliant lo avvolse in una rete di corregge avvinghianti con l’intento di strangolarlo. Allora Morgoth diede in un terribile urlo e ne riecheggiarono i monti. Ragion per cui la regione fu chiamata Lammoth, poiché gli echi della sua voce vi dimorarono per sempre, sì che chiunque gridasse alto in quella terra li risvegliava, e l’intero deserto tra le alture e il mare si riempiva di un clangore come di voci angosciate. L’urlo lanciato da Morgoth a quel punto fu il più alto e il più spaventoso che mai si fosse udito nel mondo settentrionale; tremarono i monti, e la terra tremò, e rocce si fendettero. Fin nelle profondità di luoghi dimenticati, il grido fu udito. Laggiù lontano, sotto le aule crollate di Angband, in sotterranei dove i Valar, nella fretta del loro assalto, non erano scesi, ancora stavano all’agguato dei Balrog, in attesa del ritorno del loro Signore; e in gran fretta si levarono e, superato Hithlum, giunsero in Lammoth come una tempesta di fuoco. Con i loro staffili di fiamma spezzarono i lacci di Ungoliant, la qual si sgomentò e volse in fuga, vomitando neri vapori per celarsi; e, scappando dal nord, scese nel Beleriand e dimorò sotto Ered Gorgoroth, nella buia valle che in seguito fu chiamata Nan Dungortheb, cioè Valle dell’Orrenda Morte, per via dell’orrore che essa vi generò.
[…]


05melkorungoliant



06balrog





Fëanor

[…]
Poi, all’improvviso, Fëanor comparve nella città e convocò tutti alla alta corte del Re sulla cima di Tùna; ma la condanna del bando decretato contro di lui non era stata ancora tolta, e la sua costituiva una ribellione contro i Valar. Gran folla pertanto si radunò in fretta, per udire ciò che avrebbe detto; e il colle e le scalinate e strade che vi si arrampicavano erano illuminate della luce di molte torce, ciascuno reggendone in mano. Fëanor era maestro di eloquenza, e la sua lingua aveva grande potere sui cuori quando voleva usarne; e quella notte pronunciò di fronte ai Noldor un discorso che essi mai dimenticarono. Fiere e impetuose erano le sue parole, ridondanti di collera e orgoglio; e, all’udirle, i Noldor furono colti da pazzia. L’ira e l’odio di Fëanor andavano soprattutto a Morgoth, eppure quasi tutto ciò che diceva era frutto delle menzogne di Morgoth stesso; ma era conturbato dal dolore per l’uccisione di suo padre, esacerbato per il ratto dei Silmaril. Pretese il regno di tutti i Noldor, essendo Finwë morto, e si fece beffe dei decreti dei Valar.
[…]

Quindi Fëanor pronunciò un terribile giuramento. I suoi sette figli balzarono pronti al suo fianco, e insieme fecero identica promessa, e rosse come sangue balenarono le loro spade sguainate al lume delle torce. Un giuramento, fecero, che nessuno oserebbe infrangere, e nessuno dovrebbe fare, e fu per il nome di Ilùvatar, invocando su se stessi il Buio Eterno se non l’avessero mantenuto; e Manwë chiamarono a testimone, e Varda, e il sacro monte di Taniquetil, giurando di perseguire con vendette e odio, sino ai termini del Mondo, Vala, Demone, Elfo e Uomo ancora non nato, e ogni creatura, grande o piccola, buona o cattiva, che il tempo avrebbe gettato nella successione dei giorni, la quale osasse prendere, tenere o conservare un Silmaril di loro proprietà.
[…]


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Quivi scorsero all’improvviso una negra figura starsene alta sopra una roccia precipite sulla spiaggia. V’è chi disse trattarsi di Mandos in persona, araldo, e non dei minori, di Manwë. E udirono una gran voce, solenne e terribile, che comandò loro di fermarsi e aprir bene le orecchie. Allora tutti fecero alto e ristettero immobili, e da un capo all’altro delle schiere dei Noldor fu udita la voce che pronunciava la maledizione e la profezia che è detta la Profezia del Nord nonché Sorte dei Noldor. Molto è predetto in parole oscure, che i Noldor non compresero se non quando le calamità piombarono loro addosso; ma tutti udirono la maledizione fulminata contro coloro che non volessero restare né chiedere il parere e il perdono dei Valar.
«Lacrime innumerevoli voi verserete; e i Valar fortificheranno Valinor contro di voi e ve ne escluderanno, sì che neppure l’eco del vostro lamento varcherà le montagne. Sulla Casa di Fëanor, l’ira dei Valar piomberà da Occidente fino all’Oriente estremo, ed essa sarà anche su tutti coloro che ne seguiranno i membri. Il loro Giuramento li impellerà, e tuttavia li tradirà, per sempre privandoli di quei tesori che hanno giurato di perseguire. A un’infausta fine volgeranno tutte le cose che essi ben cominciano; e questo accadrà per il tradimento dell’una stirpe verso l’altra, e per la paura di tradimento. Gli Spodestati, essi saranno per sempre.
«Voi avete sparso ingiustamente il sangue dei vostri fratelli e avete insozzato la terra di Aman. Sconterete il sangue col sangue, e fuori da Aman dimorerete nell’ombra di Morte. Ché, sebbene Eru vi abbia destinati a non morire in Eä e sebbene le malattie non vi assalgano, pure potete essere uccisi, e uccisi sarete: da armi e tormento e dolore; e i vostri spiriti raminghi verranno poi a Mandos. Ivi a lungo dimorerete bramando i vostri corpi, e troverete scarsa pietà sebbene tutti coloro che avete ucciso impetrino per voi. E coloro che perdureranno nella Terra di mezzo e non verranno a Mandos, finiranno per essere stanchi del mondo come di un greve fardello, e deperiranno e diverranno quali ombre di rimorso agli occhi della razza più giovane che verrà. I Valar han detto.»
[…]


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Helcaraxë

[…]
I Noldor giunsero infine all’estremo nord di Arda; e scorsero i primi denti del ghiaccio che galleggiava sul mare, e conobbero di essere vicini allo Helcaraxë. Che tra la terra di Aman che a nord piegava verso est e le rive orientali di Endor (che appartiene alla Terra di mezzo), che volgevano invece a occidente, era un angusto stretto, attraverso il quale le algide acque del Mare Accerchiante e le onde di Belegaer confluivano, e quivi erano vaste nebbie brune di freddo mortale, e le correnti marine erano irte di cozzanti colline di ghiaccio e piene dello scricchiolio di ghiacci sprofondati. Tale era lo Helcaraxë, e nessuno ancora aveva osato avventurarvisi, salvo i soli Valar e Ungoliant. Pertanto Fëanor fece alto, e i Noldor discussero quale corso dovessero ora prendere. Ma cominciavano a soffrire assai per il freddo e per le brume spesse che nessun raggio di stella riusciva a penetrare; e molti si pentirono, d’essersi messi in cammino, e presero a mormorare, in specie coloro che seguivano Fingolfin, maledicendo Fëanor e decretandolo la causa di tutti i mali degli Eldar.
[…]


09helcaraxe



E Fingolfin, avvedutosi che Fëanor l’aveva lasciato in Araman, a perire o a tornare pieno di vergogna in Valinor, si sentì il cuore esulcerato; ma più che mai ora desiderava di pervenire, in un modo o nell’altro, alla Terra di mezzo e ritrovare Fëanor. Ed egli e la sua schiera vagarono a lungo nell’indigenza, ma il loro valore e la loro resistenza crebbero con le durezze, poiché erano un forte popolo, i maggiori dei figli immortali di Eru Ilùvatar, ma ultimi a giungere dal Reame Beato e non ancora esausti della stanchezza della Terra. Il fuoco dei loro cuori era ancora giovane e, guidati da Fingolfin e dai suoi figli, nonché da Finrod e da Galadriel, osarono avventurarsi nel più crudo Nord; e, non trovando altre risorse, alla fine affrontarono i terrori dello Helcaraxë e le crudeli colline di ghiaccio. Ben poche delle gesta compiute in seguito dai Noldor sorpassarono in ardire e in durezza quel disperato passaggio. Quivi andò perduta Elenwë, la moglie di Turgon, e molti altri del pari perirono; e fu con una schiera ridotta che Fingolfin mise finalmente piede sulle Terre Esterne. Ben poco amore per Fëanor e i suoi figli nutrivano coloro che ancora marciavano dietro di lui e che diedero fiato alle trombe nella Terra di mezzo al primo sorgere della Luna.
[…]


09thecrossingofhelcarax





Fingolfin

[…]
Ora, nello Hithlum giunse notizia che il Dorthonion era perduto e i figli di Finarfin sgominati, e che i figli di Fëanor erano stati sloggiati dalle loro terre. Allora a Fingolfin parve di antivedere la totale rovina dei Noldor e l’irrimediabile sconfitta di tutte le loro casate; e, in preda all’ira e alla disperazione, balzò sul suo grande cavallo Rochallor e partì tutto solo, che nessuno avrebbe potuto trattenerlo. Passò per il Dor nu Fauglith come un vento tra la polvere, e chiunque lo vide sfrecciare fuggì sgomento, persuaso che si trattasse di Oromë in persona: che una spaventosa, folle rabbia lo aveva invaso, al punto che i suoi occhi splendevano come quelli dei Valar. E così giunse solo ai cancelli di Angband, e soffiò nel corno, e picchiò ancora e ancora alle porte di bronzo, sfidando Morgoth a uscire e ad affrontarlo a singolar tenzone. E Morgoth uscì.


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Fu l’ultima volta, nel corso di quelle guerre, che superò le porte della sua roccaforte, e si dice che non abbia raccolto volentieri la sfida; infatti, per quanto la sua possanza fosse maggiore di tutte le cose di questo mondo, dei Valar, anche se solo di essi, aveva paura. Ma non poteva non raccogliere la sfida al cospetto dei suoi capitani; le rocce infatti echeggiavano del suono stridulo del corno di Fingolfin, la cui voce scendeva, forte e chiara, nelle profondità di Angband; e Fingolfin tacciava Morgoth di esser vile nonché signore di schiavi. Fu per questo che Morgoth venne a lui, ascendendo lentamente dal suo trono sotterraneo, e il rumore dei suoi passi era come tuono che provenisse dal basso. E sbucò all’aperto, protetto da una nera armatura; e stette davanti al Re simile a torre, coronato di ferro, e il suo vasto scudo fosco e senza riflessi proiettava su Fingolfin un’ombra come di nube temporalesca. Ma Fingolfin splendeva sotto di essa come una stella, poiché la sua cotta era contesta d’argento e il suo scudo azzurro rivestito di cristalli; e sguainò la spada Ringil che balenò come ghiaccio.
Allora Morgoth levò in alto Grond, il martello degli Inferi, e lo calò come un fulmine. Ma Fingolfin balzò di lato, e Grond scavò un’enorme fossa
nella terra donde saettarono fumo e fuoco. Molte volte Morgoth tentò di schiantare Fingolfin, e ogni volta Fingolfin balzò via, come un lampo che scocchi da sotto un’atra nube; e trafisse Morgoth di sette ferite, e sette volte Morgoth diede in un grido di dolore, sul che le schiere di Angband caddero bocconi in preda all’angoscia, e le strida riecheggiarono per le Terre Iperboree.
Alla fine, però, il Re ne fu sfiancato e Morgoth calò lo scudo su di lui. Tre volte Fingolfin fu premuto ginocchioni, e tre volte si risollevò, rialzando lo scudo infranto e l’elmo ammaccato. Ma tutt’attorno a lui la terra era fessa e sfondata, ed egli incespicò e cadde supino ai piedi di Morgoth; e Morgoth gli posò sul collo il sinistro, e fu il peso di una collina che crolli. Ma, con un ultimo, disperato fendente, Fingolfin tagliò il piede con Ringil, e il sangue ne zampillò nero e fumigante e andò a riempire le fosse scavate da Grond.
Così morì Fingolfin, Supremo Re dei Noldor, fierissimo e valentissimo tra tutti i re degli Elfi dell’antichità.
[…]


10morgothandfingolfin

 
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Beren e Lùthien

[…]
E di tali storie, la più bella alle orecchie degli Elfi è pur sempre quella di Beren e Lùthien. Sulle loro vite fu composto il Lai di Leithian, cioè Liberazione dal Servaggio, il quale è, salvo un altro, la più lunga delle cantiche riguardanti il mondo dell’antichità; qui però il racconto viene riferito in parole concise e senza canto.
[…]


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Si narra, nel Lai di Leithian, che Beren entrò in Doriath incespicando, reso grigio e curvo come da molti anni di dolore, tali e tanti erano stati i tormenti della via. Ma, aggirandosi d’estate tra i boschi di Neldoreth, si imbattèin Lùthien, figlia di Thingol e Melian, ed era di sera, nel momento in cui la luna saliva in ciclo, e Lùthien danzava sull’erba sempre verde nelle radure lungo le rive dell’Esgalduin. Ed ecco il ricordo di tutte le sue sofferenze abbandonò Beren, ed egli cadde in preda a un incantesimo, poiché Lùthien era la più bella di tutti i Figli di Ilùvatar. Azzurro era il suo abito come il ciclo senza nubi, ma grigi i suoi occhi come la sera stellata; il suo mantello era contesto di fiori dorati, ma i capelli erano scuri come le ombre del crepuscolo. Simili alla luce che resta sulle foglie degli alberi, alla voce di acque chiare, alle stelle che stanno sopra le brume del mondo, tali erano il suo splendore e la sua grazia; e il suo volto era luminoso.
[…]


13berenluthien



Allora Beren e Lùthien varcarono il Cancello e presero a scendere le labirintiche scale; e insieme compirono la massima impresa che mai Uomini o Elfi avessero osato. Giunsero infatti al trono di Morgoth, nella sua sala più profonda, che era sorretta dall’orrore, illuminata con fuoco, piena di armi di morte e tormento. Quivi Beren si intrufolò, in forma di lupo, sotto il seggio; Lùthien invece fu privata del suo camuffamento dalla volontà di Morgoth, il quale le piantò addosso lo sguardo. Lùthien non fu intimorita dai suoi occhi; e gli disse il suo nome; e si offrì di servirlo cantando al suo cospetto alla maniera di un menestrello. Allora Morgoth, ammirandone la bellezza, concepì in cuor suo una sconcia brama, e un disegno più oscuro ancora di quanti non gli fossero nati dentro dacché era fuggito da Valinor.
[...]


14melkorluthien



Così accadde che fosse ingannato dalla sua stessa nequizia, perché stette a osservarla, lasciandola per qualche tempo libera e concedendosi segreti piaceri nella propria mente. Ed ecco che, all’improvviso, Lùthien scomparve alla sua vista, e dall’ombra intonò un canto di così sopraffacente bellezza e di tanto accecante potere, che Morgoth non potè non ascoltarlo; e la cecità calò su di lui, e i suoi occhi vagavano di qua e di là, alla ricerca di Lùthien.
Tutta la sua corte cadde in preda al sonno, i fuochi si attenuarono e spensero; ma i Silmaril sulla corona di Morgoth all’improvviso arsero con lo splendore di una fiamma bianca; e il peso della corona e dei gioielli fecero chinare il capo di Morgoth, quasi che il mondo gli gravasse sopra con un carico di angoscia, paura e desiderio tale, che neppure la sua volontà valse a reggerlo.
[...]


14luthienandmorgoth



Allora Lùthien riprese la sua veste alata, si levò in aria e la sua voce piombò giù come pioggia in uno stagno, profonda e buia. Gettò il mantello sugli occhi di Morgoth, mise in lui un sonno, oscuro come il Vuoto Esterno dove un tempo s’aggirava da solo. E all’improvviso Morgoth cadde come una collina che frani e, piombando con un suon di tuono dal suo seggio, giacque bocconi sui pavimenti dell’inferno. La corona di ferro gli rotolò echeggiando dal capo. Nulla si muoveva.
Beren giaceva a terra come una bestia morta; ma Lùthien, toccandolo con la mano, lo riscosse, ed egli gettò via la spoglia di lupo. Poi trasse il coltello Angrist e dalle griffe di ferro che lo trattenevano avulse un Silmaril.
Come lo chiuse nel pugno, la radianza del gioiello sgorgò attraverso la sua viva carne, e la mano gli divenne quale una lampada accesa; ma il gioiello ne tollerò il contatto e non gli fece male.
[…]


15berenrescataelsilmari



Allora Beren e Lùthien furono preda del terrore e fuggirono, storditi e dimentichi dei travestimenti, desiderosi solo di rivedere la luce. Non furono né impediti né inseguiti, ma il Cancello precluse loro l’uscita, che Carcharoth si era riscosso dal sonno e ora stava iracondo sulla soglia di Angband. Prima che si accorgessero della sua presenza, Carcharoth li vide, e balzò loro addosso mentre fuggivano.
Lùthien era sfinita, e non ebbe né il tempo né l’energia sufficiente per domare il lupo. Beren però gli si pose davanti e nella mano destra teneva alto il Silmaril. Carcharoth si fermò, e per un istante ebbe paura. «Vattene, fuggii,» gridò Beren «poiché qui c’è un fuoco che ti consumerà e con te ogni perfida creatura.» E piantò il Silmaril in faccia al lupo.
[…]


16berenandluthienfleean



Riportarono Beren Camlost figlio di Barahir su una lettiga fatta di rami con Huan il cane al suo fianco; e la notte scese prima che rientrassero in Menegroth. Ai piedi di Hìrilorn, la grande betulla, Lùthien li incontrò che andavano piano, alcuni di loro reggendo torce. Allora lei abbracciò Beren e lo baciò, pregandolo di attenderla di là dal Mare Occidentale; e prima che lo spirito lo abbandonasse, Beren guardò gli occhi di lei. Ma la luce delle stelle si era spenta, il buio era piombato anche su Lùthien Tinùviel.
[…]


17berendeath





Tùrin Turambar

[…]
Ora, Gurthang era stata strappata dalla mano di Turambar dai contorcimenti di Glaurung, e stava piantata nel ventre del drago. Turambar pertanto riattraversò la corrente, desideroso di recuperare l’arma e insieme di dare un’occhiata al nemico; e lo trovò disteso quant’era lungo su un fianco, l’elsa di Gurthang nel ventre. Allora Turambar impugnò la spada, piantò un piede sulla pancia del drago e gridò, a beffa del mostro e delle parole che aveva pronunciato in Nargothrond: «Salute, Verme di Morgoth, beato chi ti vede! Crepa, dunque, e che le tenebre ti accolgano. Questa è la vendetta di Tùrin figlio di Hùrin».
Poi sfilò la spada, ma un fiotto di sangue nero sprizzò fuori e gli cadde sulla mano, e il veleno la bruciò. E in quella Glaurung riaprì gli occhi e guardò Turambar con tanta malvagità, che per lui fu come un fendente; e, a causa di quel colpo e del dolore prodotto dal veleno, piombò in un buio deliquio e giacque come morto, la spada accanto a sé.
[…]


17turambarglorund



Quivi scorse il drago giacente ma non gli fece caso, che un uomo era supino accanto a esso; e corse da Turambar, ma invano ne gridò il nome. Avvedutasi allora che la mano era bruciata, la lavò con le lacrime e la fasciò con un lembo del proprio abito, e lo ba-ciò, e ancora gli gridò di destarsi. Sul che, Glaurung si agitò un’ultima volta prima di spirare, e con l’estremo respiro parlò e disse: «Salute, Nienor figlia di Hùrin. Ecco che ci si rivede prima della fine. Ti do la bella notizia che hai finalmente trovato tuo fratello. E ora saprai chi è: uno che colpisce al buio, proditorio con i nemici, infedele con gli amici, e una maledizione per il suo stesso sangue, tale è Tùrin figlio di Hùrin! Ma la peggiore delle sue imprese la sperimenterai su te stessa».
Poi Glaurung crepò, e il velario della sua iniquità cadde di dosso a Nienor che ricordò tutti i giorni della sua vita. Guardando Tùrin gridò: «Addio, due volte amato! A Tùrin Turambar turun ambartanen: dominatore della sorte dominato dalla sorte! Felice tu che sei morto!». Allora Brandir, che tutto aveva udito standosene impietrito al margine della rovina, s’affrettò a lei; ma Nienor fuggì, piena di orrore e disperazione, la mente sconvolta, e, giunta all’orlo della Cabed-en-Aras, vi si precipitò e scomparve nelle acque furiose.
[…]


18nienor





Caduta di Gondolin

Molto difficile da raccontare e disegnare perché la città era magicamente celata, mi limiterò a ciò che la divinazione mi permetterà di scrutare.

[…]
Degli atti di disperato valore che vi si compirono da parte dei capi delle nobili casate e dei loro guerrieri, e da Tuor non certo tra gli ultimi, molto si narra ne La caduta di Gondolin: dello scontro tra Ecthelion della Fonte con Gothmog, Signore di Balrog, nella stessa piazza del Re, dove ciascuno dei due uccise l’altro, e della difesa della torre di Turgon per mano dei suoi familiari, finché la torre stessa venne abbattuta; e risonante fu la sua caduta, e Turgon trascinato nella sua rovina.
[…]


19ectheliongothmog



Molti sono i canti che sono stati composti sul duello tra Glorfindel e il Balrog, che ebbe luogo su un pinnacolo roccioso in quell’alto luogo; ed entrambi rovinarono nell’abisso.
[…]


20glorfindelandbalrog



Edited by Highway To Implosion - 23/10/2013, 02:45
 
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Akallabêth – La caduta di Númenor

[…]
Venne edificata una contrada in cui gli Edain dimorassero, che non era parte né della Terra di mezzo né di Valinor, da entrambe le quali era separata da un ampio mare, ancorché fosse più prossima a Valinor. La sollevò Ossë dalle profondità della Grande Acqua, Aulë la approvò, Yavanna la arricchì; e gli Eldar vi portarono fiori e sorgenti da Tol Eressëa. I Valar la dissero Andor, cioè Terra di Dono; e la Stella di Eärendil splendette lucente all’Ovest come pegno che tutto era pronto e quale guida per mare; e gli Uomini si meravigliarono nello scorgere quella fiamma argentea lungo i sentieri del Sole.
Poi gli Edain fecero vela per le acque profonde, seguendo la Stella; e i Valar resero il mare tranquillo per molti giorni, inviando luce solare e vento favorevole, sì che le acque scintillavano agli occhi degli Edain come vetro increspato e la schiuma volava come neve davanti alle prue delle loro navi. Ma tale era lo splendore di Rothinzil, che anche al mattino gli Uomini potevano vederla balenare all’Ovest, e nelle notti limpide splendeva sola poiché ogni altra stella ne era offuscata. E, stabilendo la rotta su di essa, gli Edain giunsero alfine di là da leghe e leghe di mare, e scorsero lontana la contrada che era stata approntata per loro, Andor, la Terra di Dono, rilucente in una bruma dorata. Allora scesero a riva e trovarono un paese bello e ferace, e furono lieti. E lo chiamarono Elenna, vale a dire Quartieri della Stella; anche Anadûnê, cioè Ovesturia, Nùmenor in lingua Alto Eldarin.
[…]


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Il più possente e il più superbo fu, Ar-Pharazón il Dorato, di tutti coloro che avessero impugnato lo scettro dei Re del Mare dalla fondazione di Nùmenor che era stato retto fino a quel momento da ventiquattro Re e Regine, i quali dormivano ora nelle loro profonde tombe sotto l’altura di Meneltarma, distesi su letti d’oro.
E, seduto sul trono scolpito nella città di Armenelos, nella gloria del proprio potere, Ar-Pharazón cupamente rimuginava, il pensiero volto alla guerra. Nella Terra di mezzo aveva infatti avuto notizia della forza del reame di Sauron e dell’odio di questi per Ovesturia. Ed ecco giungere a lui padroni di navi e capitani di ritorno dall’Est, i quali riferirono che Sauron, dacché Ar-Pharazòn si era ritirato dalla Terra di mezzo, aveva sfoderato la propria potenza e premeva sulle città costiere; Sauron, soggiunsero, aveva adesso assunto il titolo di Re degli Uomini, dichiarando apertamente la propria intenzione di gettare a mare i Numenórean e distruggere lo stesso Nùmenor, se gli riusciva.
Grande fu la collera di Ar-Pharazón a tali notizie e, ponderando egli a lungo in segreto, ecco che il cuore gli si colmò d’un desiderio di potenza illimitata sottomessa solo al dominio della sua volontà. E decise, senza sentire il parere dei Valar né chiedere consiglio ad altri se non a se stesso, di dover pretendere per sé il titolo di Re degli Uomini, costringendo Sauron a divenire suo vassallo e servo; infatti, nel suo orgoglio, riteneva che nessun sovrano potesse mai assurgere a potenza tale da rivaleggiare con l’Erede di Eärendil.
[…]


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[…]
E Sauron venne. Giunse dalla sua possente torre di Baraddùr, né lanciò sfide di guerra, essendosi avveduto che il potere e la maestà dei Re del Mare superavano la fama che ne correva, sì che egli non poteva contare neppure sui più validi dei suoi servi per opporsi loro; non era ancora giunto il momento, ben se n’avvide, di imporre la sua volontà ai Dùnedain. Ed era ingegnoso, assai abile nell’ottenere ciò che voleva con l’astuzia laddove la forza non potesse valere. Ragion per cui, si umiliò di fronte ad Ar-Pharazòn e tenne a freno la lingua; e tutti si meravigliarono, perché ciò che diceva era giusto e saggio.
Ma Ar-Pharazón era lungi dal lasciarsi ingannare, e pensò, per meglio tenere legato a sé Sauron e indurlo a rispettare i suoi giuramenti di fedeltà, che convenisse portarlo a Nùmenor, dove avrebbe dimorato come ostaggio di sé e di tutti i suoi servi della Terra di mezzo; Sauron acconsentì con l’aria di chi subisca una costrizione, ma nel segreto della sua mente ne fu lieto, perché quella scelta coincideva con i suoi desideri. E Sauron andò di là dal mare, contemplò la terra di Nùmenor e la città di Armenelos, allora nei giorni della sua gloria, e ne restò stupito; ma tanto più il suo cuore si riempi d’invidia e di odio.
[…]


21sauroncomestoarpharaz



[…]
Così la flotta dei Numenórean mosse avverso la minaccia dell’Ovest; e il vento era scarso, ma essi disponevano di molti remi e di molti robusti schiavi che vogavano sotto la sferza. Il sole tramontò e scese un grande silenzio. Tenebra calò su Nùmenor, e il mare era immobile poiché il mondo attendeva quel che stava per accadere. Lentamente le flotte svanirono alla vista delle scolte nei porti, e le loro lanterne impallidirono inghiottite dalla notte; e il mattino non v’era traccia delle navi. Un vento infatti si levò da ovest e le spinse lontano; ed esse infransero il Divieto dei Valar, penetrando nei mari proibiti a recar guerra agli Immortali, per strappare loro la vita sempiterna entro le Cerchie del Mondo.
Le flotte di Ar-Pharazón, provenienti dalle profondità del mare, aggirarono Avallónë e l’isola di Eressëa, e gli Eldar si afflissero, poiché la luce del sole calante era eclissata dalla nuvola dei Numenórean. E alla fine Ar-Pharazón giunse addirittura ad Aman, il Reame Beato, e alle coste di Valinor; e ancora tutto era silente, e il destino incombeva appeso a un filo. Poiché alla fine Ar-Pharazòn esitò, e per poco non tornò indietro. Il cuore gli venne meno quando guardò i lidi senza suono e vide splendere Taniquetil, più bianco che neve, più freddo che morte, silente, immutabile, terribile come l’ombra della luce di Ilùvatar. Ma ormai l’orgoglio era il suo padrone, e alla fine scese dalla nave e calcò la spiaggia, proclamando quella terra essere sua, a meno che qualcuno non volesse contendergliela. E un esercito di Numenórean si accampò, ed era possente, attorno a Tùna, donde tutti gli Eldar erano fuggiti.
Allora Manwë sulla Montagna invocò Ilùvatar, e per il momento i Valar rinunciarono al loro governo di Arda. Ilùvatar però sfoderò il proprio potere, mutando la faccia del mondo; e un grande abisso si spalancò nel mare tra Nùmenor e le Terre Imperiture, e le acque vi si precipitarono, e il frastuono e il fumo delle cateratte salì al cielo, e il mondo ne fu scosso. E tutte le flotte dei Nùmenórean furono trascinate nell’abisso, dove si sprofondarono e vennero per sempre inghiottite. Invece Ar-Pharazón il Re e i guerrieri mortali che avevano messo piede sulla terra di Aman furono sepolti sotto le colline crollanti; si dice che lì giacciano, imprigionati nelle Grotte degli Obliati, in attesa dell’Ultima Battaglia e del Giorno della Sorte.
Quanto alla terra di Aman e a Eressëa degli Eldar, esse furono sradicate e portate, una volta per tutte, di là dalla portata degli Uomini. E Andor, la Terra di Dono, Nùmenor dei Re, Elenna della Stella di Eärendil, restò affatto distrutta, ché era vicina al limite orientale della grande spaccatura, e le sue fondamenta ne furono rovesciate, ed essa cadde e precipitò nella tenebra, e non è più. E sulla Terra non si trova più luogo abitato che conservi memoria di un tempo che ignorava il male. Ilùvatar infatti riscagliò i Grandi Mari a ovest della Terra di mezzo, e le Terre Vuote a est di questa, e nuove terre e nuovi mari ebbero origine; e il mondo si trovò a esser ridotto, ché Valinor ed Eressëa ne furono tolte e portate nel reame delle cose celate.
Questa sorte si avverò senza che gli Uomini potessero vederla, il trentanovesimo giorno dalla partenza delle flotte. E fu quando fuoco all’improvviso eruppe dal Meneltarma e si levò un vento formidabile, la terra fu tutta un tumulto, il ciclo turbinò, le colline scivolarono in basso, Nùmenor sprofondò nel mare con tutti i suoi bambini, mogli, fanciulle e matrone tanto fieri; e tutti i suoi giardini, le sue aule, le sue torri, le sue tombe e le sue ricchezze, i gioielli e le stoffe, le cose dipinte e scolpite, il riso, la gioia e la musica, il suo sapere e le sue dottrine antiche: per sempre svaniti. E infine, l’onda montante verde fredda e orlata di schiuma, assalendo la contrada risucchiò nel proprio seno Tar-Mìriel la Regina, più bella che argento, avorio o perle. Troppo tardi essa cercò di ascendere le ripide vie del Meneltarma diretta al luogo santo: le acque la sorpresero, il suo grido si sperse nel rumore del vento.
[…]


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Sauron, gli anelli del potere e la Terza Era

L’Aborrito, il Signore Oscuro, il Potere Oscuro, Annatar (“Signore dei Doni” nella città di Nùmenor), Artano (“Alto fabbro”all’epoca in cui nella Seconda Era si recò tra i Noldor), Aulendil (“Servo di Aulë”), Gorthaur (in Sindarin significa “Orribile Spavento”): questi sono i nomi con cui Sauron viene conosciuto nella storia d’Arda e della Terra di Mezzo.
Originariamente era un Maia al servizio di Aulë e per tutto il corso della sua esistenza mantenne una propensione per l’arte appresa dal suo maestro; successivamente divenne il maggiore dei servitori di Melkor, sempre attivo e presente in tutte le opere svolte da questo; dopo la fine di Melkor cercò di prenderne il posto diventando egli stesso l’Oscuro Signore.


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Melkor costruì la sua roccaforte nel Nord ma, non sentendosi del tutto sicuro, ne costruì un’altra sulle rive nord occidentali del mare per resistere agli attacchi provenienti da Aman, la terra dei Valar, e questa prese il nome di Angband (Prigione di Ferro) sotto il comando di Sauron. Durante la Guerra delle Potenze quando i Valar mossero le loro schiere contro Melkor e distrussero Angband e Utumno (la roccaforte di Melkor) non trovarono traccia di Sauron perché questo si era abilmente celato nell’infinità di cunicoli sotterranei scavati dalle forze del Male; rimase nascosto per molto tempo aspettando il ritorno del proprio Signore radunando, per quanto possibile, tutte le creature scampate all’attacco dei Valar. Dopo due anni dalla fine della Dagor Bragollach (“La Battaglia della Fiamma Improvvisa”, quarta delle grandi guerre del Beleriand) Sauron decise di prendere d’assalto Minas Tirith, la “Torre di Guardia” del regno di Nargothrond, fatta costruire da Finrod Felagund per difendere il suo regno. Sauron nel frattempo era diventato uno stregone di spaventosa potenza, padrone di ombre e fantasmi, di tenebrosa sapienza e crudelissima forza, signore dei Lupi Mannari; i difensori della torre guidati da Orodreth furono presi da terrore e paura e furono costretti a fuggire: la torre divenne una nuova roccaforte di Melkor sotto il controllo di Sauron e l’isola sulla quale era posta la roccaforte divenne un luogo maledetto e prese il nome di Tol-in-Gaurhoth, l’Isola dei Lupi Mannari.

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La rovina di Sauron ebbe inizio con la cattura di Finrod e del suo compagno Beren (colui che in seguito staccò il Silmaril dalla corona di Melkor): dopo aver ucciso Finrod gettò Beren in una segreta della torre e in suo aiuto arrivarono Lúthien e Huan , il cane di Valinor cacciatori di lupi. Sauron, conoscendo la bellezza di Lúthien, decise di farla prigioniera per poi inviarla direttamente a Melkor, così mandò diversi lupi per prendere la fanciulla ma questi venivano sempre uccisi da Huan così Sauron decise di mandare Draugluin, il signore dei lupi mannari, ma anche questo perì in combattimento contro il cane, così Sauron preso dall’ira decise di affrontare egli stesso Huan e si trasformò così in un lupo terribile e scese per ucciderlo. Ma, essendo questo il cane di Valinor e perciò imbattibile, riuscì a sopraffare anche il Lupo Sauron uccidendolo e questo lasciò la sua carcassa per diventare uno spirito e tornarsene sconfitto dal suo padrone. E con questa si conclusero tutte le avventure di Sauron riguardanti la Prima Era di Arda.
La Prima Era era finita con il rovesciamento di Melkor e la fine di molti mali che perseguitavano i diversi regni del Beleriand; la Seconda Era iniziava sotto le migliore prospettive grazie alla fine dell’Oscurità del Nord e grazie alla presenza di molti Elfi pronti a risanare insieme ai Valar tutti i mali lasciati da Melkor. Sauron dopo la caduta del suo padrone, per timore della collera dei Valar, non tornò a Valinor per sottoporsi al giudizio dei Signori di Arda così decise di rifugiarsi nella Terra di Mezzo e tornò al male nel quale era stato sotto il dominio di Melkor. Allarmato dalla potenza crescente della città di Númenor, decise di innalzare la sua fortezza nella regione di Mordor e nell’anno 1000 iniziò la costruzione di Barad-dûr (Torre Oscura).


24sauron




Sauron provò a mantenere nascosti i suoi oscuri progetti cercando di stringere alleanza con il maggior numero di popoli della Terra di Mezzo; solo Gil-Galad (ultimo re dei Noldor in esilio) si rifiutò di allearsi con lui. Durante questo periodo di pace Sauron si trasferì nell’Eregion dove insieme agli artigiani elfi iniziò la forgiatura degli Anelli del Potere. Nel 1590 vennero forgiati i Tre Anelli poco dopo, nel 1600, con la fine della costruzione di Barad-dûr, Sauron si ritirò nella sua fortezza dove forgiò anche l’Unico Anello con il quale avrebbe dominato tutti gli altri ma Celebrimbor, il forgiatore dei Tre Anelli, intuì le intenzione di Sauron e così gli Anelli vennero celati.

24mattrhodessauron



33sauronringofpowern




[…]
Ora, gli Elfi fabbricarono molti anelli; ma in segreto Sauron costruì un Unico Anello con cui dominare tutti gli altri, il cui potere era legato a questo con assoluta soggezione e destinato a durare solo quanto quello dell’anello di Sauron. Buona parte della forza e della volontà dell’Avversario fluì in esso, e ciò perché il potere degli anelli elfici era assai grande, sicché l’anello che do-veva governarli non poteva che essere un oggetto di potenza senza pari; Sauron Io forgiò nella Montagna di Fuoco della Terra d’Ombra. E, a patto che avesse su di sé l’Unico Anello, era al corrente di tutto ciò che si faceva per mezzo degli anelli minori, e poteva vedere e governare gli stessi pensieri di coloro che li portavano su di sé. Ma non era facile mettere gli Elfi nel sacco. Non appena Sauron si infilò al dito l’Unico Anello, essi ne furono consapevoli; d’altro canto, lo conoscevano e si rendevano conto che voleva essere il loro padrone e il dominatore di tutto quanto forgiassero. Sicché, irati e impauriti, si sfilarono gli anelli. Sauron però, accortosi che il suo tentativo era stato smascherato e che gli Elfi non si lasciavano ingannare, montò in collera; e mosse loro guerra aperta, esigendo che tutti gli anelli gli fossero consegnati, dal momento che gli Elfi fabbri non avrebbero potuto giungere a costruirli senza la sua sapienza e il suo consiglio. Ma gli Elfi gli sfuggirono e salvarono tre dei loro anelli, che andarono a nascondere.
Ordunque, questi erano i Tre che erano stati costruiti per ultimi, quelli che possedevano i massimi poteri. Narya, Nenya e Vilya, tali i loro nomi, cioè Anelli di Fuoco, d’Acqua e d’Aria, ornati di rubino, diamante e zaffiro; e Sauron desiderava impadronirsene più che di tutti gli altri anelli elfici, perché coloro che ne fossero in possesso erano in grado di tener lontano le offese del tempo e di ritardare la stanchezza del mondo. Non riuscì tuttavia a scoprirli, perché erano stati rimessi nelle mani del Saggio, il quale li nascose, né mai tornò a usarli apertamente finché Sauron ebbe l’Anello di Dominio. Sicché, i Tre rimasero immacolati, poiché a forgiarli era stato il solo Celebrimbor, né mai la mano di Sauron li aveva toccati; pure, erano anche assoggettati all’Unico.
[…]


34threeelvenringsnaryan




[…]
Sauron però mise le mani su tutti gli altri Anelli di Potere, distribuendoli agli altri popoli della Terra di mezzo, così sperando di ridurre sotto la propria signo-ria tutti coloro che desideravano poteri segreti trascendenti le caratteristiche della loro razza. Sette anelli diede ai Nani; nove invece agli Uomini, i quali, in questa come in altre faccende, si mostrarono i più pronti alla sua volontà. E tutti gli anelli su cui aveva potestà, Sauron li pervertì, tanto più facilmente poiché aveva avuto parte nella loro fabbricazione ed essi erano maledetti, sì da tradire, alla fine, chiunque ne usasse. I Nani invero si rivelarono tenaci e difficili da domare; mal sopportavano il dominio di altri, e i pensieri dei loro cuori sono difficili da sondare, né possono essere stravolti in ombre. Si servivano degli anelli soltanto per ottenere ricchezze; ma l’ira e un’irrefrenabile brama d’oro s’accesero nei loro cuori, donde derivò male bastante da andare a profitto di Sauron. Si dice che il fondamento di ciascuno dei Sette Tesori dei Re dei Nani di ere passate fosse un anello d’oro; ma già molto tempo fa, tutti quei peculii sono stati saccheggiati, i Draghi li hanno divorati e, dei Sette Anelli, alcuni sono stati consumati dal fuoco, altri recuperati da Sauron.
[…]


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Con questo tra gli Elfi e Sauron scoppiò la guerra che, grazie anche all’aiuto di Númenor, portò alla sconfitta di Sauron e ad un periodo di pace. Col passare degli anni la potenza di Númenor aumentò notevolmente fino a diventare un regno vasto e potente e proprio nel periodo di maggiore splendore iniziò a cadere l’ombra sulla città. Sauron, provando ad estendere i propri domini ad oriente, raggiunse l’isola di Númenor e venne catturato e portato in città. Grazie alla sua abilità nelle menzogne e nelle truffe, Sauron riuscì a sedurre il Re Ar-Pharazôn e tutti i Númenórean impadronendosi della città e spingendo il Re a muovere guerra contro Valinor. I Valar in collera contro Númenor chiesero consiglio a Ilúvatar, il quale provocò la caduta del regno scatenando una maestosa onda che sommerse e fece affondare per sempre l’isola. I superstiti della distruzione della città furono guidati da Elendil l’Alto (da sempre ostile a seguire i consigli di Sauron) che insieme ai suoi figli Isildur e Anárion fondarono i reami Númenórean in esilio di Arnor e Gondor. Sauron, dopo il ritorno a Mordor, si apprestò ad attaccare Elendil impadronendosi di Minas Ithil la quale in seguito divenne Minas Morgul, la residenza degli Schiavi dell’Anello: i Nazgûl.


[…]
Gli Uomini si rivelarono più disposti a lasciarsi irretire. Coloro che dei Nove Anelli si servirono, in vita loro divennero potenti: re, stregoni, guerrieri come ve n’erano un tempo. Si conquistarono gloria e grandi ricchezze, che però si volsero a loro danno. Avevano, a quanto sembrava, vita imperitura, pure la vita divenne loro intollerabile. Potevano aggirarsi, volendolo, invisibili agli occhi di tutti in questo mondo sotto il sole, e vedere cose in mondi invisibili ai mortali; ma troppo spesso non scorgevano altro che fantasmi e finzioni di Sauron. E uno a uno, prima o poi, secondo la loro forza innata e il bene o il male iniziali delle loro volontà, caddero sotto il giogo dell’anello di cui erano muniti e sotto il dominio dell’Unico, che era di Sauron. E divennero per sempre invisibili se non a colui che portava l’Anello di Dominio ed entrarono nel reame delle ombre. Erano essi i Nazgùl, i Fantasmi dell’Anello, i più temibili servi dell’Avversario; tenebra li accompagnava, ed essi urlavano con la voce della morte.
[…]


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« Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle loro rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli.
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende. »




Elendil decise di stringere alleanza con gli Elfi per combattere il potere di Sauron e nell’anno 3430 della Seconda Era venne sancita l’Ultima Alleanza tra Uomini e Elfi: Elendil l’Alto guidò l’esercito degli Uomini mentre Gil-Galad guidò gli Elfi. Nel 3434 iniziò l’assedio di Barad-dûr e si concluse dopo sette anni di dura guerra: si verificarono innumerevoli combattimenti alle soglie della fortezza provocando gravi perdite da una parte e dall’altra. Finalmente arrivò la battaglia decisiva nella quale le forze dell’Ultima Alleanza stavano avendo la meglio sugli avversari finche Sauron in persona decise di prendere parte al combattimento.

25sauron




Venne sfidato sia da Gil-Galad che da Elendil ma entrambi furono uccisi; Narsìl, la spada di Elendil, andò in frantumi ma Isildur, raccolto quel che restava della lama riuscì a tagliare la mano di Sauron e a impadronirsi dell’Anello del Potere. Sauron scomparve e così anche i Nazgûl e con questo avvenimento terminò la Seconda Era di Arda.


[…]
Ivi, nella valle di Gorgoroth, cadde Anàrion figlio di E-lendil, e con lui molt’altri. Alla fine, tuttavia, l’assedio si fece così stretto, che Sauron in persona uscì fuori; e lottò con Gilgalad e con Elendil, ed entrambi restarono uccisi, e la spada di Elendil andò in frantumi sotto di lui com’egli cadde. Ma Sauron fu del pari abbattuto, e con il mozzicone di Narsil Isildur tagliò l’Anello di Dominio dalla mano di Sauron e se ne impossessò. Sicché Sauron, per il momento almeno, fu vinto e abbandonò il proprio corpo, e il suo spirito volò via, andando a nascondersi negli spazi deserti; e per molti anni ancora, Sauron più non assunse forma visibile.
[…]


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30goodvsevilsauronvsisi




Assediata per sette anni dagli eserciti dell'ultima alleanza stretta da uomini e elfi, Barad-dûr venne interamente demolita nel 3441 della Seconda Era, dopo la sconfitta di Sauron, ma poiché era stata creata grazie all'ausilio dell'Anello, le sue fondamenta non potevano essere distrutte se non gettando l'Anello nella voragine di Sammath Naur sul Monte Fato dove il potente artefatto era stato creato. Ma Isildur, ammaliato dal potere dell'Anello che aveva sottratto a Sauron, si rifiutò di liberarsene gettandolo nel fuoco e, all’inizio della Terza Era, venne ucciso e l’Anello andò perduto; si ebbe un periodo di pace, il reame di Gondor acquistò maggior potere e solidità, Minas Ithil venne riconquistata e con l’arrivo degli Istari intorno all’anno 1000, sembra che la pace fosse destinata a durare.


[…]
Proprio mentre in Bosco Atro si percepivano le prime ombre, ecco apparire, nelle regioni occidentali della Terra di mezzo, gli Istari, che gli Uomini chiamarono Maghi.
[…]


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Questi scoprirono che a Dol-Guldur, ai margini di Bosco Atro, si era stabilito un potere malefico e, pensando si trattasse di un Nazgûl, aspettarono ad intervenire.

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Col passare degli anni scoppiarono nuove guerre e la pace venne infranta. Il Re degli Stregoni di Angmar, signore dei Nazgûl, radunò gli schiavi dell’anello e con questi si recò prima a Mordor e successivamente a Minas Ithil che riconquistano dopo un periodo di assedio.

27mordor




Nel frattempo continuò ad accrescersi il potere di Dol Guldur. Gandalf, uno degli Istari, si recò a Bosco Atro e Sauron si rifugiò più a est; venne costituito il Bianco Consiglio formato dai Saggi (Istari e signori degli Elfi) con lo scopo di sorvegliare la Terra di Mezzo. Nel 2850 Gandalf tornò a Dol Guldur e scoprì che il padrone del luogo non era un Nazgûl ma Sauron in persona, il quale cercava di raccogliere tutti gli Anelli del Potere.

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Si radunò di nuovo il Consiglio per discutere l’ipotesi di un attacco a Sauron ma l’idea venne abbandonata; solo nel 2941 attaccarono Dol Guldur ma Sauron aveva già elaborato i propri piani. Era fuggito da Bosco Atro per far ritorno a Mordor dove dichiarò il proprio ritorno e iniziò a ricostruire la fortezza di Barad-dûr, che era la rappresentazione della sua volontà ma soprattutto della sua potenza.

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Sauron radunò i Nazgûl e grandi schiere di orchetti con l’intento di ritrovare l’Unico Anello: così iniziò la Guerra dell’Anello.

37theninenazgul





 
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Minas Morgul, Ordine del Drago, mese di Narvinyë anno 1434 Q.E.

Jahmene Tir'enth e Hirriel Dan'noire si erano fermate davanti alla porta della camera da letto, attendendo che la giovane haradrim uscisse.
< Mi dispiace davvero che tu te ne vada, certo devi essere molto orgogliosa per il compito che ti è stato affidato > disse Hirriel, posando una mano sulla spalla di Kalayaan.
< Si, lo sono > le rispose la ragazza con tono poco convinto.
< Almeno potevi restare ancora qualche ora al ballo, sembra davvero che tu abbia fretta di lasciarci > aggiunse Jahmene dispiaciuta, lanciando un’occhiata ad Hirriel.
< Ho bisogno di stare nella mia casa, di camminare tra le calde sabbie del deserto e lasciarmi alle spalle tutto quello che… > Kalayaan si fermò un attimo pensierosa. < Non è il termine esatto “lasciare alle spalle”. Ci sono cose che preferisco tenere per me, anche voi lo fate, tutti lo fanno > e sollevò la pesante sacca, facendosi strada tra le due numenoreane.
< Ti stava davvero bene quel vestito. Hai incantato molti uomini, anche quelli che hanno la puzza sotto il naso > aggiunse Hirriel con un sorriso.
< Grazie, Hirriel. Però lo sai che queste cose a me non interessano. Mi raccomando, durante le lezioni di evocazione stai attenta all’utilizzo del portale dimensionale, non funziona se hai un muro che ti ostacola perché non puoi sapere cosa ci sta dietro. Non dimenticarlo > e nel dirlo si strinse alla giovane Dan’noire per salutarla.
< E tu cerca di essere meno rigida, o vuoi trasformarti in una Cuthalion? > le disse Jahmene, sorridendo divertita.
< Sia mai! Dopo lo spettacolo di stasera al ballo, sarà sulla bocca di tutti per molto tempo. D’altronde anche a Minas Morgul si vive di pettegolezzi. Statemi bene ragazze, verrò a trovarvi quando potrò > e scese al piano inferiore verso il portone d’ingresso, salutando alcuni insegnanti ed altri studenti.
< Saluta i nonni e Nariand da parte mia, piccola > gli disse Haran carezzandole la folta chioma blu. E rimase lì immobile finché il portale non si chiuse innanzi ai cancelli della nera città.




- Estratto dal diario di Kalayaan, mese di Narvinyë anno 1434 Q.E. -

Prima di raggiungere il deserto ho voluto salutare il Monte Fato, che è stato il luogo più rassicurante per me in questi mesi a Minas Morgul. Lì dentro nessuno può osservarti con la magia, nessuna ombra può seguirti dentro la lava, e soprattutto nessuno può leggere i tuoi pensieri. Riesci a ricaricare le forze quasi del tutto e a liberare la mente dal continuo flusso di immagini. Adoro guardare il passato, quando si tratta di quello più lontano, ma mi è difficile controllare e sostenere tutte le sensazioni provocate dal vedere i ricordi di chi mi sta accanto.
Maysun mi ha preparato una torta al cioccolato, non ci vedevamo da molto tempo e le sono mancata. Ha tenuto in ordine la casa, ha rifornito il magazzino, e ha comprato al mercato delle stoffe pregiatissime per fare tende, cuscini e lenzuola. Mi sento davvero meglio ora che sono qui, il profumo del loto dell’oasi mi conforta.

Ho parlato a lungo con Nariand, devo dire che il compito che mi spetta non è poi così noioso. Sono stata per molte ore nella biblioteca del palazzo del Khan, ho catalogato un intero scaffale e come premio per il mio lavoro ineccepibile e per la mia diligenza, il consigliere mi ha permesso di dare un’occhiata al “Compendio dei Draghi”. Ne ho approfittato per prendere qualche appunto, mi interessa conoscere a fondo la nostra razza.





§ I DRAGHI §


ARGENTO

Le scaglie di questo elegante drago slanciato splendono come argento lucido e la sua coda sembra piumata. I draghi d'argento possiedono un grande senso di giustizia, sono i più docili e gentili tra i draghi, ma in battaglia si trasformano in avversari formidabili. Sono coraggiosi e saggi, e si attengono ad un codice che li impone di comportarsi in modo onorevole. In genere tendono ad essere solitari e non si uniscono in clan, prediligono la scelta di un compagno umano o della stessa specie.
[continua...]

BIANCO

Questo drago è ricoperto da scaglie bianco ghiaccio, e la sua testa è incoronata da corna affusolate, con una sottile membrana tesa tra esse. Considerati tra i draghi meno abili in guerra, sono la specie che passa più inosservata eppure compensano la loro mancanza di ferocia in battaglia con l'astuzia. La loro spiccata intelligenza permette loro di comunicare non solo nella lingua dei draghi ma in molti altri idiomi. In genere sono solitari come i draghi d'argento e si uniscono a compagni della stessa specie, in casi rari si organizzano in clan composti da diverse famiglie.
[continua...]

BRONZO

Questo drago lucente è coperto di scaglie metalliche smussate dai colori che variano dal bronzo brillante al blu screziato. Grandi osservatori, i draghi di bronzo sono affascinati dalle contese e dalle campagne di guerra, e da tutte quelle creature che per loro rappresentano una valida sfida. Sono pacati in combattimento ed evitano di utilizzare estrema violenza sul nemico, in genere sono noti per essere dei grandi guerrieri dotati di un equilibrio fisico e mentale unico. Anche loro non si uniscono in clan e tendono ad accoppiarsi con quelli della loro razza.
[continua...]

NERO

Gocce di acido trasudano dalle fauci zannute di questo drago cornuto dalle scaglie nere. È il drago più malvagio che accentua il suo aspetto terrificante grazie alla pelle poco spessa e l'aspetto scarno. I draghi neri sono discretamente intelligenti, preferiscono la notte al giorno, anche perché l'oscurità li cela piuttosto bene permettendoli agguati ai danni dei loro nemici. Sono ottimi nuotatori ed aggraziati nel volo. Sono i padroni incontrastati del loro territorio che dominano con crudeltà e infondendo terrore in chi abita nelle vicinanze, non sopportano le intrusioni ed i loro clan sono sempre molto chiusi nei confronti di qualunque intromissione.
[continua...]

ORO

Scaglie dorate ricoprono il corpo di questo drago maestoso, ed una cresta regale di corna si inarca sopra il muso e gli occhi penetranti. I draghi d'oro sono i più possenti e perfettamente in grado di reggere il confronto con i giganteschi draghi rossi. Hanno un'intelligenza prodigiosa e per questo sono ricercati per consigli o aiuto. Tendono a dominare le altre creature con cui vengono a contatto, abituati a vivere in un perfetto sistema gerarchico. Sono noti anche per essere crudeli e apprezzano la battaglia e la ferrea disciplina. I loro clan sono ben organizzati e molto chiusi, infatti i dorati tendono a scegliere compagni del loro livello.
[continua...]

OTTONE

Una cresta di corna si erge dietro la testa di questo drago, portando verso un lungo collo e un serpentino corpo di ottone. Questi draghi sono mediamente intelligenti e tendono ad essere dei buoni oratori più che degli ascoltatori, tranne in battaglia dove alle parole prediligono il combattimento senza regole. I loro clan sono molto territoriali e prediligono le zone selvagge, in quanto è più bassa la percentuale di incontrare altri insediamenti. Scelgono compagni della loro razza, ma sono molto incuriositi dalla razza umana.
[continua...]

RAME

Lucenti e scintillanti scaglie di rame ricoprono dalla testa incorniciata da corna alla coda crestata questo drago dalle lunghe ali. Capricciosi e facili preda dell'ira, durante il combattimento i draghi di rame tendono ad ostacolare e frustrare il nemico per innervosirlo, per questo scelgono sempre di combattere in un territorio consono alla loro tattica. Amano tormentare le altre creature e sono molto violenti. Abili arrampicatori, amano le armi pesanti che utilizzano per distruggere tutto ciò che li rallenta e soprattutto il nemico. Si organizzano in clan ma non sono territoriali tanto che spesso condividono gli insediamenti con altri draghi. Tendono ad unirsi anche con altre razze.
[continua...]

ROSSO

Una temibile corona di corna circonda la testa di questo possente drago e spesse scaglie purpuree ne ricoprono il lungo corpo. Sono i più potenti tra i draghi, indipendenti e difficili da comandare. Sono di aspetto nobile e fiero. In battaglia possono costituire un'arma formidabile grazie ad un'intelligenza eccezionale, una grande abilità nel volo e una solida organizzazione militare. Vivono in clan ma sono allo stesso tempo abbastanza solitari, fanno fronte comune contro le minacce ma quando non ve ne sono preferiscono restare per conto loro o al massimo con le loro famiglie. Si stabilizzano in grandi città sotto il comando di regnanti e governanti a cui si sentono profondamente legati. Stringono rapporti cordiali anche con le altre razze, tanto da scegliere spesso compagni tra gli altri draghi o tra gli umani.
[continua...]


VERDE

Scaglie color smeraldo ricoprono questo feroce drago. Un unico corno aguzzo si protende dalla punta del suo muso pieno di denti. Nonostante siano intelligenti, possiedono una natura bellicosa e trovano qualunque scusa per attaccar briga. Sono crudeli e amano corrompere tutto ciò che è legato alla natura con la loro oscura magia. Usati spesso come spie per la loro indole subdola, si mettono a disposizione delle autorità solo per un tornaconto personale. Sono tra i draghi più antipatici, apatici e asociali che esistano, tanto che i loro clan sono chiusi. Si uniscono solo a quelli della loro razza insediandosi in territori specifici, anche se è noto che prediligano un'esistenza solitaria.
[continua...]


E infine quelli che più mi interessano…

BLU

Con scaglie del color del cielo del deserto, questo grande drago serpentino si muove con una grazia sconvolgente. I draghi blu sono intriganti, intelligenti, fedeli e possiedono un forte senso di coesione. In combattimento preferiscono prendere di sorpresa i nemici sfruttando la loro astuzia, se possibile. Sono estremamente territoriali e per questa ragione evitano di organizzarsi in clan. Si limitano ad unirsi con un unico compagno per tutta la vita, non necessariamente della stessa specie.
[continua...]


Dunque quello che mia madre mi ha raccontato è vero… non è per nulla confortante…

*L’estratto termina con una piccola sbavatura di inchiostro*

Edited by Highway To Implosion - 30/10/2013, 15:04
 
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view post Posted on 4/1/2013, 03:28
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Halandra, deserto dell’Harad, mese di Narvinyë anno 1434 Q.E.

- Visione –

Una alla volta, lentamente… dall’alto verso il basso, come fosse un rituale o semplicemente un gioco fatto per noia. La donna continuava ad immergere un dito dentro il bicchiere, lo tirava fuori e poi lasciava cadere l’acqua goccia dopo goccia.
< Non hai sentito una parola di ciò che ho detto, vero? > disse l’uomo seduto dalla parte opposta del tavolo, con tono ammonitore.
< Ogni singola lettera, Ameen. E la risposta è NO, non posso restare. E’ la mia ultima parola > rispose la donna con tono deciso, sistemando una ciocca di capelli blu dietro all’orecchio.
< Quando hai detto di amarmi era solo per fare in modo che ci accoppiassimo per mettere al mondo l’ennesimo marmocchio? >
< No! > la donna scattò in piedi facendo cadere la sedia alle sue spalle. < Sei l’unico tra i miei compagni al quale mi sia legata… ma non posso restare per il motivo che conosci. Tu hai sangue di drago, lo sai come funzionano le cose tra quelli della nostra specie. Ma v’è un disegno più grande, delle responsabilità. Ho fatto ciò che dovevo e devo tornare a casa. Questo non significa che io non provi più niente per te, o che non voglia bene a nostra figlia > e raggiunse la porta senza voltarsi. < Ameen Najar, ti amerò sempre, ma non mi vedrai mai più. Queste sono le regole, questo è ciò che dovrai accettare senza domande e senza spiegazioni ulteriori. Proteggi nostra figlia, lei sarà molto speciale >.
Ameen si avvicinò alla giovane donna dai capelli e le ali blu per posarle una mano sulla spalla, ma lei si ritrasse irrigidendosi.
< Addio, Ameen. Ti concedo di non perdonarmi, ma non ti permetterò di ricordarmi. Ciò che è stato rimarrà con me, tu andrai avanti con la tua vita e penserai a crescere la nostra bambina. Sarai un guerriero coraggioso e disciplinato, e servirai il tuo re come fosse la tua unica ragione di vita > e, pronunciate le ultime parole, la donna si voltò a guardarlo e posò una mano sulla sua fronte. In una lingua comprensibile solo a coloro nelle cui vene scorre il sangue di drago, pronunciò una sorta di formula magica. Ameen cadde a terra addormentato, e lei rimase a guardarlo per pochi minuti contemplando la sua serenità. < Mi dispiace, Ameen, ma non posso concedermi il conforto del tuo amore. Fa male, ma è necessario >.

Era notte fonda e le tende erano illuminate da una pallida luna e dai fuochi sparsi per l’oasi. Kalayaan stava ferma a piedi nudi sulla sabbia, il volto sollevato verso il cielo della futura Halandra. Calde lacrime che scendevano lentamente, ora dopo ora, finché l’alba non si fece spazio scacciando le stelle. Alcuni nomadi raccontavano ai primi passanti mattinieri di aver visto volare un possente drago blu; ma nessuno li dava retta, il vino di palma aveva fatto di certo il suo dovere la sera prima.
 
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view post Posted on 5/1/2013, 01:29
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Halandra, deserto dell’Harad, Palazzo del Khan, mese di Narvinyë anno 1434 Q.E.

La giovane haradrim scrutava con interesse il tomo con la copertina usurata ma ancora leggibile: “Incanti avanzati del Fuoco”. Era piegata in avanti, i gomiti poggiati sul largo tavolo della biblioteca. Una posa alquanto scomoda ma intrigante, soprattutto per le due guardie alla porta d’ingresso che cominciavano ad avvertire un certo caldo.
Nariand camminava avanti e indietro tra due scaffali, il braccio sinistro piegato indietro e posato sulla parte inferiore della schiena, la mano destra sotto il mento.

< Dovrai studiare questi incantesimi e nei prossimi giorni faremo un po’ di pratica. Prepara una relazione, mi aspetto di trovarla nella mia scrivania domani prima di mezzogiorno > disse il consigliere, rivolgendo alla giovane un fugace sguardo.
Kalayaan annuì e attese che Nariand uscisse dalla biblioteca, poi si portò il libro sottobraccio e raggiunse i giardini con passo spedito.

< Non era meglio restare in biblioteca? > le chiese Isobel, appoggiata ad una delle colonne accanto alla fontana.
< E tu non dovresti stare con Caran, oppure temi che l’inchiostro possa tendermi un agguato? > rispose Kalayaan, sollevando gli occhi al cielo in un gesto di puro fastidio.
< Mi ha chiesto di stare con te oggi, visto che lui è in compagnia di Yoru. Non sono fatti che ti riguardano, in ogni caso, conosci le regole e sai benissimo che avrai sempre un’Ombra alle tue spalle. Dovresti essere felice che sia io, e non qualche numenoreano noioso e di poca compagnia > esclamò Isobel divertita.
< Come preferisci, ho una relazione da preparare quindi staremo qui a lungo. Il sole è alto, ti consiglio di ripararti all’ombra. Potresti rovinarti la tua pelle di luna …>
< Buono studio, piccola > e sparì nell’ombra con la sua solita grazia, regalando a Kalayaan un sorriso o forse una smorfia.


- Estratto dal diario di Kalayaan, mese di Narvinyë anno 1434 Q.E. –

A volte non la sopporto davvero Isobel, sempre dietro a controllare quello che faccio, quello che mangio. Ma non ha di meglio da fare? E poi cerca di essere gentile per fare bella figura con lui, lei e i suoi capelli, la sua grazia, il suo talento.

* A fine pagina disegna una figura: un draghetto blu con l’espressione inebetita e del vapore che esce dalle narici*

dragoebeteblu

In realtà non è che non la sopporto, solo che averla intorno mi fa sentire stupida, scoordinata e come se avessi di nuovo undici anni. Ho la grazia e l’astuzia di questo draghetto, che tristezza. Scacciamo il pensiero.



§ Incanti avanzati del Fuoco §

Dardo Malefico: vibrando un colpo nell'aria dopo aver formulato la formula magica, l’incantatore è in grado di scagliare dal proprio pugno un dardo di Fuoco

Abbraccio del Drago: una barriera, come scudo di fiamme ardenti e scoppiettanti dal sinistro crepitio, s'innalza da terra proteggendo l’incantatore. Fredda al contatto con il suo creatore, incandescente per qualsiasi nemico. E’ come un incendio devastante che si sprigiona dal nulla.

Lancia Infuocata: vibrando un colpo nell'aria dopo aver formulato la formula magica, l’incantatore è in grado di scagliare contro il suo obiettivo fino a tre lance infuocate.

Tentacoli di Fuoco: vibrando un colpo nell'aria dopo aver formulato la formula magica, dalla mano dell’incantatore appariranno tre tentacoli di Fuoco Malefico della lunghezza di tre metri, per l'intera durata del combattimento.

Vampata di Collera: l’incantatore richiama la forza del suo fuoco interiore liberandola innanzi a sé, creando una vampata alta un paio di metri che si espande sia in altezza che in lunghezza. La magia richiama anche i poteri dell’Ombra e può essere usata per attacchi ravvicinati o per bloccare incanti o attacchi fisici. E’ una magia devastante e inarrestabile.

Potrebbe essermi molto utile, la devo imparare al più presto. Da un certo punta di vista potrebbe essere un buon modo per sfogarsi, certo va usata con parsimonia e soprattutto lontano da persone o cose. Anche se sarebbe piacevole scaricare la mia collera su qualche essere inutile.

Evocazione del Balrog: l’incantatore, dopo aver concentrato al massimo la sua aura ed aver recitato la formula magica, richiama un balrog che si posiziona al suo fianco, avvolgendo il corpo stesso dell'invocatore con fiamme ed ombra. La gestualità e il livello di concentrazione sono fondamentali o l’incantatore non riuscirà a padroneggiare l’evocazione, con conseguenze ipoteticamente disastrose per lui e per eventuali compagni presenti.

Da tenere a mente! Il trucco sta nella concentrazione. *la frase è sottolineata più volte*


Isobel è ancora qui con me, il sole sta tramontando e per lei sarà un sollievo non dover stare sotto i raggi. Non sono stata molto gentile nei suoi confronti, le vorrei dire che mi dispiace ma non ho un briciolo di coraggio per farlo. E’ tutto sempre troppo complicato.


Halandra, deserto dell’Harad, Giardini del Palazzo del Khan, mese di Narvinyë anno 1434 Q.E.

< Scusami Isobel, non sono stata molto carina. Non sono di certo arrabbiata, o almeno non con te che stai solo svolgendo il tuo compito > Kalayaan rimase a capo chino, porgendo un sacchetto di biscotti all’Ombra innanzi a lei. Un dono per chiederle scusa, Isobel l’avrebbe apprezzato molto.
< Cosa ti turba Kalayaan, i ricordi che non ti fanno dormire, le immagini che ti tormentano? > le chiese la barda, con tono quasi amorevole.
< Non sono i ricordi. Ora dovrei tornare in biblioteca, ci sono altri tomi da catalogare > le rispose la giovane, aggirando la domanda.
< Resterà tra me e te, sono alquanto riservata quando si tratta dei segreti di coloro che proteggo. Anche questo è uno dei miei tanti compiti. Parla con me, posso darti un consiglio se vuoi >.
< Lascia stare, Isobel > e si avviò verso la biblioteca dove sistemò in ordine alfabetico l’intera enciclopedia della storia dell’Harad.
Volume dopo volume, mentre i ricordi di Isobel della notte prima si insinuavano nella sua mente.
 
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view post Posted on 7/1/2013, 00:07
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Halandra, deserto dell’Harad, Villa Najar, mese di Narvinyë anno 1434 Q.E.

Il sole era tramontato da poco e le lanterne lentamente si accendevano, illuminando le affollate strade di Halandra. Kalayaan camminava felice tra i bambini che giocavano con alcuni cuccioli di cane, mentre le loro madri li chiamavano esasperate perché era pronto per la cena. Nariand l’aveva riempita di complimenti per la relazione sulle magie avanzate del fuoco, e quando entrò nella sua casa fu la prima cosa che raccontò a Maysun, la sua governante.

< Sono stata davvero brava, nessun errore di ortografia e soprattutto sono stata precisa nella formulazione degli incanti, Nariand ha detto che sono un talento naturale > disse alla vecchia haradrim spiluccando qualche acino d’uva.
< Non avevo dubbi milady, vi state impegnando molto e il consigliere se n’è accorto > rispose Maysun, sistemando la cucina.
< Buonanotte Maysun, domani mattina mi dovrò svegliare all’alba perché ho un’infinità di pergamene da catalogare. Ho proprio bisogno di dormire >.
< Buonanotte a lei milady, troverete la colazione pronta il prima possibile. Andate a dormire tranquilla, penserò io a chiudere porte e finestre>.

La giovane haradrim mise una mano sotto il cuscino e chiuse gli occhi, sprofondando in un dolce sonno. O almeno così sembrava. Nel cuore della notte un forte rumore proveniente dal piano inferiore la svegliò all’improvviso, strappandola da uno di quei bei sogni che non dovrebbero mai aver fine.
< Maysun, state bene? > chiese scendendo le scale e stropicciandosi gli occhi, ma la governante non rispose.
< Maysun? Dove siet … > non concluse la frase, due braccia l’avvolsero da dietro in una stretta morsa, e innanzi a lei comparve un altro uomo incappucciato dai vestiti lerci e coperti di sabbia che le portò una mano sulla bocca.
Kalayaan non riuscì a muoversi, e l’ultima cosa che vide prima di ricevere un pesante colpo alla nuca fu il sorriso dello sconosciuto.

Umbar, strada carovaniera, mese di Narvinyë anno 1434 Q.E.

Faceva caldo, troppo caldo. Quando riaprì gli occhi vide solo il pavimento, era lì distesa a faccia in giù e le mani legate dietro la schiena, la camicia da notte sporca e sgualcita. L’aria era pesante, l’odore dolciastro dei datteri mescolato a quello acre del narghilè. Distinse due voci maschili ed una femminile, quando riuscì a muoversi per sollevare la testa capì di essere stata rapita e portata in un covo di banditi. Qua e là erano sparsi dei bauli, vecchi forzieri, stoffe pregiate, qualche sacchetto d’oro e monili di vario genere. Su una delle pareti, quella accanto all’uscita, erano schierati archi, balestre, un paio di pugnali e una serie di spade corte. Riconobbe subito uno dei due uomini seduto sui cuscini, era quello che le aveva chiuso la bocca e le aveva sorriso. Quando s’accorse che lei lo stavo fissando, il bandito si alzò e fece un cenno prima alla donna che gli si strusciava addosso, poi al secondo uomo. Tutti e tre erano haradrim; i due uomini indossavano vestiti di pelle nera e marrone scuro, una cintura di metallo con un pugnale a lato. Quello più grosso, che non conosceva, aveva una vistosa cicatrice sotto l’occhio destro ed una serie di bruciature su un braccio e parte del collo. L’altro uomo ero coperto di polvere e sabbia e sembrava più vecchio, sputava a terra di continuo ed imprecava. La donna, minuta e con lunghi capelli neri, indossava una veste da mago probabilmente; fin troppo elegante e ingioiellata, non sembrava per nulla appartenere a quel tugurio.

< Finalmente ci siamo svegliate, bambolina > disse il bandito, sputando nuovamente per terra. E la donna gli si mise affianco, salmodiando qualcosa. < Ovviamente non ti servirà la magia qui dentro, abbiamo preso le giuste precauzioni, fa quello che ti diciamo e nessuno si farà del male > aggiunse, mentre la maga annuiva divertita e continuava a cantilenare.
< Cosa volete da me? Chi siete? > chiese Kalayaan a voce bassa, indolenzita per il colpo alla testa.
< La curiosità ha ucciso il gatto > tuonò in haradrim il bandito con la cicatrice.
< E’ solo una giovane curiosa, amico mio, trattieni il tuo fastidio per dopo > gli rispose l’altro.
< Vi prego… posso darvi tutto l’oro e la ricchezza che volete. E’ questo che volete, no? > e fissò prima i due uomini e poi la donna, cercando un po’ di solidarietà femminile.
< Abbiamo già ricevuto il nostro compenso, e poi questo è un favore che dovevamo ad un vecchio amico. Ci interessa solo una cosa da te… >. Il bandito si fece aiutare dall’altro con la cicatrice per sollevarla e liberarle i polsi dalla corda. < Tu sei una sorta di “messaggio” da recapitare al giovane Khan. Imparerà che ad ogni torto ne segue un altro > e detto questo, le sferrò un pugno pieno all’altezza dello stomaco.
Kalayaan sputò sangue e si piegò in avanti dolorante, ma il bandito alle sue spalle la rimise in piedi dritta, in modo che potesse ricevere i pugni e gli schiaffi del compagno. Quando ne ebbe abbastanza, l’haradrim si fermò ripulendo le mani dal sangue.
< Se non erro il torto è cominciato con una donna che ha dovuto attraversare una sala completamente nuda, subendo la derisione dei nobili e della casata reale. Come ti saresti sentita anche tu, puttana, nuda e con decine di occhi a scrutarti e a guardare questo bel culo? > e le strappò la camicia da notte lasciandola completamente nuda. < Sei un bocconcino niente male, bambolina > e con la mano cominciò a palpeggiarla partendo dal mento all’ombelico.
La giovane haradrim chiuse gli occhi spaventata, singhiozzando per il dolore ma soprattutto per la paura, schifata da quell’uomo che osava toccarla come nessuno aveva mai fatto. Non era quello che voleva, non era quello il modo. Cercò di usare la magia, qualsiasi incanto anche il più inutile tra i trucchetti, ma nulla si mosse. Quanto avrebbe voluto che Isobel e Yoru fossero lì a proteggerla, e quanto ora si stava pentendo di aver pensato che le Ombre fossero solo un peso.
< Ti prego… > implorò verso il bandito, singhiozzando.
< Non esagerate Bashir, ricorda che è una ragazzina > tuonò la donna, posando una mano sul suo avambraccio.
< Tu continua a contrastare la sua magia, non sono affari che ti riguardano donna > e le fece cenno di andare a sedersi dietro sui cuscini. Poi si voltò di nuovo a fissare il compagno con la cicatrice.
L’uomo, in risposta ad un ordine silenzioso, la sollevò e la gettò sui cuscini tenendola ferma per i polsi mentre Bashir, perché quello era il suo nome, si distese su di lei e col pugnale cominciò a procurarle piccoli tagli sullo sterno, sui fianchi, sull’interno coscia. Kalayaan lo implorò a lungo, finché non sentì le mani pesanti dell’uomo ovunque nel suo corpo e la lama implacabile a sfregiare la sua pelle in profondità. Vide sgorgare il sangue a fiotti dai tagli sulle braccia e da quelli sulle gambe, e le mani del bandito scendere sempre più in basso. Non era così che aveva immaginato la sua prima notte con un uomo.
< Così come alla principessa è stato levato l’onore, faremo lo stesso con te… ti piacerà vedrai, vi piace sempre una volta che cominciamo > e scoppiò a ridere, talmente forte che tremarono alcuni bicchieri sul tavolino. Una volta abbassati i pantaloni la afferrò per il collo e con l’altra mano, in un gesto di disprezzo, le sfilò il fermaglio blu sistemato tra la folta chioma. Fu questo a salvare Kalayaan dalla violenza fisica.
Senza il fiocco tra i capelli le possenti ali blu apparvero sulla sua schiena, liberandosi con forza. L’uomo con la cicatrice sussultò e per lo stupore allentò la presa sui polsi della ragazza; Bashir si immobilizzò tra le sue gambe nel momento in cui stava per violentarla.
< Questo non ce l’aveva detto il bastardo… > esclamò a bocca aperta. Evidentemente non gli era stato riferito quel dettaglio.
La maga, alle loro spalle, dapprima si portò una mano alla bocca poi, spaventata, urlò < Sangue di drago! >
Kalayaan non ci pensò molto a lungo, era quello l’attimo giusto per agire. Sputò fuoco allontanando definitivamente Bashir, e l’uomo con la cicatrice cercò di ripararsi dietro un barile. La giovane haradrim, seppur ferita a fondo, rivolse uno sguardo alla maga e con un grande sforzo concentrò la magia per fare due cose: una mano possente verso la donna e un portale con destinazione casuale. Appena vide la maga cadere di spalle sui cuscini, rotolò verso il vortice arcano.



Montagna d’Argento, Baita Abbandonata, mese di Narvinyë anno 1434 Q.E.

Il contatto con il pavimento gelido sembrò quasi alleviare il dolore. Il sangue aveva smesso di sgorgare copioso, e si era come cristallizzato. Sul volto, le braccia, gran parte del torace e le cosce si potevano vedere dei rivoli color porpora con i contorni bianchi; per chi ignorava, poteva sembrare quasi un tatuaggio.
Era nuda e ferita in posizione fetale, al freddo e tutta sola. Le calde lacrime evaporavano istantaneamente sulle sue gote. Gli attimi di quello che aveva appena subito continuavano a passare innanzi ai suoi occhi rossi ardenti come la brace, in una serie di immagini prima veloci poi lente.
Le ali si contrassero attorno al suo corpo, come a volerla abbracciare e scaldare. Gli occhi lentamente tornarono blu, poi sfumarono in un bianco vacuo: era entrata in uno stato di shock causato dalle ferite e dalla paura. E così le immagini smisero di scorrere nella mente di Kalayaan e, per la prima volta dopo il risveglio del sangue di drago, vi fu solo il vuoto e un gran silenzio
 
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view post Posted on 8/1/2013, 00:34
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Minas Morgul, Villa Cuthalion, mese di Narvinyë anno 1434 Q.E.


La giovane numenoreana continuava ad andare avanti ed indietro per la grande sala di pietra, una stanza abbellita da tappeti ed arazzi, molto austera, nello stile classico delle grandi casate di Numenor. Avvolta in una lunga veste grigio perla con motivi floreali neri, una collana appariscente di oro puro, una serie di pettini in filigrana tra i capelli. Di bell’aspetto, ma non certo la donna più affascinante che si possa vedere in giro.

< Se l’è lasciata scappare, siamo tutti rovinati, è la fine della nostra famiglia…> borbottava ad intervalli regolari, mentre un giovane, anch’egli numenoreano, seduto su un divano con una gamba sollevata e posata su uno dei braccioli, la fissava sbuffando.
< Bashir ha detto di averla ferita a fondo, è fuggita ma potrebbe essere finita ovunque e morta dissanguata. Ancora nessuno è venuto qui o ha raggiunto il covo di quella feccia, quindi smettila Nienor, o ti ammazzo con le mie stesse mani! > urlò verso la giovane, quasi ringhiando.
< O Talnos, la furia della regina ma soprattutto dei Khan si abbatterà sul nostro casato. Quella puttana di un’haradrim l’ha trovata e portata alla sua torre… presto sapranno di Bashir, la ragazzina ha sentito il suo nome…verranno a cercarci > e si mise a cavalcioni sul fratello, prendendogli la testa tra le mani. < Bashir va ucciso, così il suo compare e quella donnaccia che lo segue come un cagnolino. E non vi saranno prove contro di te e Alenoth. I Cuthalion si salveranno ancora, la regina non ci potrà toccare >.
< Sorella mia, i piani non sono andati come volevamo, ma non del tutto. Certo avrei preferito che Bashir la violentasse a dovere, solo per gustarmi la faccia da cane bastonato di quel viziato, patetico, figlio di puttana haradrim. E poi sono convinto che alla sua amichetta, quella cagna mezzosangue, sarebbe pure piaciuto > disse alla sorella, spostandola per potersi alzare.
< Se ti sentisse la regina Talnos, ti farebbe tagliare la lingua e non solo… > esclamò Nienor, in tono ironico.
< Sai cosa può fare la regina con quello che mi ritrovo qui … > disse mettendo una mano all’altezza del cavallo dei pantaloni.
< Dateci un taglio tutti e due! > sbottò un altro numenoreano.
Alle loro spalle apparve Alenoth, il loro fratello minore.
< Troviamo Bashir e la sua banda, diamoli in pasto agli orchi e nessuno potrà arrivare a noi. La nostra amica in comune m’ha detto che la regina è andata alla Torre di quella Morwen, la ragazzina è a un passo dalla morte. Se non ce la dovesse fare, sarebbe un ulteriore punto a nostro vantaggio. Quindi Talnos datti una mossa, sguinzaglia i tuoi scagnozzi per scovare Bashir > disse in tono autoritario al fratello, dandogli una sonora pacca sulle spalle.
< Vieni con me Alenoth, dobbiamo cancellare alcune prove > rispose Talnos, poi si voltò verso la sorella ancora sul divano < E tu porta nostra sorella Aredhel all’Ordine, sii naturale e fingi stupore per quanto accaduto, e magari mettiti anche a disposizione per aiutare. Ognuno di noi, da questo preciso istante, avrà la sua parte da recitare. Ne va della sopravvivenza del nostro Casato. Melkor ci è testimone, abbiamo agito per preservare il nostro onore, nessuno potrà mai dire altrimenti > ed uscì dall’immenso salone col fratello sottobraccio, mentre Nienor portava la sorella all’Ordine del Drago.



Passo Gelido, Torre sul Lago delle Stelle, mese di Narvinyë anno 1434 Q.E.

La regina sedeva sul letto carezzando col palmo della mano il volto tumefatto della giovane haradrim. Morwen si era piazzata tra lei e la porta d’ingresso della camera che una volta apparteneva a Niniel. In posizione di attacco, pronta ad usare la magia in caso di intrusioni indesiderate. Aveva permesso solo a Leo di entrare, perché si fidava di lei e sapeva che era l’unica in grado di aiutarla.
Quando la principessa di Harad l’aveva recuperata alla baita nelle Montagne d’Argento, Kalayaan era quasi congelata e il battito del cuore impercettibile. Il sangue aveva smesso si sgorgare molte ore prima, ma ne aveva perso talmente tanto che il suo minuto corpo era entrato in uno stato di shock, quello che precede la morte.
< Userò un incanto di guarigione blando, le ferite si chiuderanno lentamente e in questo modo daremo tempo al suo corpo di trovare equilibrio >. Leo cominciò a spiegare a Morwen cosa aveva intenzione di fare, ma per prima cosa sollevò le coperte per controllare i danni. < Riporta dei traumi estesi alle braccia e al torace, un paio di costole sono rotte altre incrinate. Le ali non hanno subito nessun tipo di danno, se non quelli dovuti all’esposizione al freddo prolungato. Una lama piccola, come quella di un comune pugnale, ha inferto dei fendenti che per sua fortuna non hanno leso organi vitali né reciso le arterie. A livello delle cosce presenta tumefazioni e lividi, alcuni a forma di mano, come se qualcuno di molto forte avesse premuto per fargliele aprire. Non ha subito violenza…. > la regina si fermò un attimo per guardare Morwen, immobile e persa nei suoi pensieri. Lei aveva subito molte volte quel tipo di violenza ed era l’unica a poter immaginare come si potesse sentire Kalayaan. < Per un paio di giorni la faremo dormire, tutte le ferite si rimargineranno. Non posso prevedere la sua reazione quando si sveglierà, sarà meglio che ci sia tu qui e nessun altro > e ricoprì la piccola con le lenzuola sistemandole poi i cuscini sotto la testa. Abbracciò infine Morwen.
< Si rimetterà, chiunque abbia fatto questo non verrà nemmeno giudicato dalla legge. Morte, solo quella merita. Cerca di riposare anche tu, dovremo tenere a freno i nostri figli per il momento e le Ombre, prima dobbiamo parlare con lei > e le posò un bacio sulla fronte.
Morwen le sorrise appena, sembrava essersi tranquillizzata.
< Grazie Leo, ma non ho intenzione di porre freno a nessuno per questo >.
< Quando sapremo di più, sarò la prima a non porlo >.
Le due donne si salutarono ancora, in un gesto d’intesa. Morwen si distese sul divano accanto al camino e si mise a leggere, di tanto in tanto sollevando la testa per controllare la piccola. Kalayaan dormiva pesantemente e alcuni lividi sul volto cominciavano a schiarirsi. La magia di Leo lentamente stava facendo effetto.




- Sogno -

Mi guardo in giro e non vedo nulla, sento tanto freddo e il mio cuore batte piano. Sono dentro una stanza scura, senza finestre. Non c’è più quell’uomo a farmi male, nessuna lama, nessuna magia. Io e queste pareti strette… cerco di farmi spazio con le mani, ma sono qui rinchiusa. Vedo qualcosa, una piccola luce e sento caldo finalmente. Si, devo camminare, uscire da qui e seguire quel bagliore. Ho un bel vestito azzurro, mi guardo allo specchio… sono di nuovo una bambina, e ho i capelli raccolti in due codini. Lentamente avanzo per il corridoio di pietra ed apro la porta. Sono dentro una locanda, la stanza di una locanda. Per terra c’è una giovane nuda e coperta di sangue, penso sia morta. Non respira… il mio Caranthir è seduto sul letto, ha le mani tra i capelli. Gli occhi rossi che bruciano… è arrabbiato. Perché io sono qui?
< Caran… cosa ci fai qui? >
Lui mi guarda stranito, come se fossi una cosa fuori luogo lì dentro. Oh… ho capito! Sono dentro uno dei suoi incubi!!!
< Cuoricino… cosa ci fai tu dentro il mio sogno? >.
< Ho seguito il corridoio, ero dentro una stanza buia e al freddo. Poi sono tornata bambina e ho aperto la porta dietro di me… e ho visto lei a terra…>. Non c’è nessuno, la donna morta è sparita. E la stanza è cambiata di nuovo, fa molto caldo dentro e si sente un profumo dolce di pane appena sfornato.
< Mi dispiace, faticavo a prendere sonno e quando sono crollato sono incominciati gli incubi. Tu sei nella camera affianco, ferita, vorrei venire da te ma Morwen mi ha detto di no >.
< Mi hanno fatto del male, con una lama, con i pugni. E un uomo cattivo e puzzolente voleva … prendermi… e io non volevo, pensavo che non era così che doveva andare >. Lui mi guarda con occhi tristi e amareggiati, forse sono morta? Sto rivivendo un ricordo? Forse sono ancora legata e sanguinante, e sono diventata pazza?
< Cuoricino… Leo ti ha curata e stai dormendo, e sei finita in uno dei miei incubi. Perché? >.
Io lo guardo in silenzio, riflettendo sulle sue parole.
< Perché sono qui… prima che tutto diventasse buio e le pareti della stanza si stringessero attorno a me, ti stavo pensando… >.
Lui mi sorride, ma i suoi occhi continuano ad essere velati dalla tristezza.
< Eri a terra, morente, e pensavi a me cuoricino? >
< Pensavo che non ti avrei rivisto, così come la zia Morwen… la vostra famiglia, gli amici… ma tra tutti eri l’unico di cui mi preoccupassi di più >.
Caranthir è triste, questo non è uno dei suoi incubi, ma certo… sono morta e cerca di rassicurami? E’ uno spirito che ha preso le sue sembianze per rendere più facile il passaggio nelle Aule?
< Ti preoccupavi per me, invece che pensare a te stessa? >
< Si, pensavo che ci sono tante cose che non ti ho detto. Ora che sono morta non te le potrò più dire vero? >
< Non sei morta cuoricino, sei a letto e sotto un incantesimo di cura. Penso che questa tua intrusione nella mia mente sia un effetto collaterale >.
Il suo sorriso un po’ mi rassicura, certo sento più caldo e meno dolore… ma la morte fa quest’effetto, no?
< Se sei tu lo spirito che mi deve portare nelle Aule, puoi fare una cosa per me? >
Caran mi guarda con una faccia talmente perplessa e buffa che mi viene da ridere. Poi cambia espressione all’improvviso e annuisce. Lo sapevo… sono morta.
< Gli devi dire che io gli voglio bene, non mi importa di quello che ha fatto e di quello che fa. Vorrei poterlo guardare dalle Aule, ma quelli come noi non ci rimangono a lungo, vanno lontano nel vuoto atemporale, come Melkor >.
< E tutto quello che gli devo dire, cuoricino? >
Lo guardo scuotendo la testa, non è tutto quello che devo dire.
< No, c'è dell’altro >. Qualcosa è cambiato di nuovo, sono tornata grande e indosso una lunga veste nera. Sto per partire verso le Aule, me lo sento. Mi devo affrettare. Caran mi fa cenno di continuare, il tempo sta scadendo. Respiro a fondo e comincio.
< Mi ha detto e mi ha mostrato come è, che non è fatto per amare ed essere amato, che in lui v’è solo oscurità. Io sono figlia di un drago blu, quelli della nostra razza solo fedeli per tutta la vita a coloro che amano, e soprattutto a chi hanno scelto come loro compagno o compagna. Io ora sono morta, non ho modo di provare quest’esperienza. Se avessi avuto molto altro da vivere, avrei scelto lui, in realtà l’avevo già fatto da un po’. Anche se è pieno di amichette e amichetti, e ha collezionato più amanti che frecce, a me sta bene lo stesso. D’altronde delle persone si amano anche i difetti e i capricci, sennò che amore è… >
Sta cercando di dirmi qualcosa ma lo faccio stare zitto, presto sarò nelle Aule e devo finire il mio discorso!
< Anche se lui non mi avesse mai amata perché è un vero disastro ed è incasinato, io sarei stata felice lo stesso. Certo è dura sapere che vivrai in eterno e sarai sempre sola, perché ti sei innamorata di qualcuno che vuole vivere libero… ma io avrei sempre rispettato quella libertà, non avrei mai desiderato che diventasse qualcun altro solo per me. E’ di questo che mi sono innamorata, della sua indipendenza, non cambierei una virgola in lui. Devi dirgli che mi sarei sempre accontentata anche di pochi attimi, di vederlo scherzare, di fare l’idiota, di sentirlo cantare. La mia gioia è sapere che rimarrà sempre se stesso, indipendentemente da come gli altri lo giudicano. Non sono le azioni eclatanti, le cose perfette e i pregi a rendere un uomo un bravo sovrano… lui un giorno sarà all’altezza più di chiunque altro, perché conosce i suoi limiti e ha abbracciato in pieno la sua natura. Saprà come farsi rispettare e come rispettare il suo popolo>.
Una nebbia avvolge la stanza, ecco sto per partire… ho davvero detto tutto? No ancora una cosa….
< Ringrazialo per avermi dato una famiglia e una possibilità ….>
Lo vedo spalancare la bocca, gli spiriti possono commuoversi? Lo scoprirò appena sarò nelle Aule. Ecco…. è buio ancora una volta, si sta bene al caldo, mi sento protetta e leggera. La mia mente, il mio corpo… come una piuma, ed è una bella sensazione.

Edited by Highway To Implosion - 10/1/2013, 21:08
 
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Passo Gelido, Torre sul Lago delle Stelle, mese di Narvinyë anno 1434 Q.E.


- Sogno –

Sono queste le Aule? Mi guardo intorno stranita, perché non sono come le immaginavo… un pavimento di marmo nero e sporco di sangue vecchio, antico direi tanto è scuro. Al posto delle pareti ci sono una serie di gabbie che partono da un portale e si aprono ad imbuto nel fondo di questa sala… ma non è una sala vera e propria, è come se fossi in cima ad una montagna o qualcosa di simile. Vi sono delle persone attaccate alle grandi colonne di pietra che uniscono le pareti delle gabbie; sono legate per i polsi a braccia in sù, e stanno soffrendo. Odo una musica terrificante, mi manca il respiro e l’aria attorno a me si sta facendo pesante. Un uomo, bello d’aspetto ma terribile nell’abbigliamento, sta suonando un violino. Vedo le note… è così assurdo… sono sotto forma di una leggera nebbia verdognola. E’ lì seduto nel suo trono d’oro decorato con teschi ed ossa di ogni tipo. Gli sono davanti e cerco di strappargli il violino, ma la mia mano passa attraverso lo strumento. Non sono nelle Aule, lui non può vedermi, questo è un ricordo…. E lui chi è? Sembra così familiare… le sue vesti colorate, i lunghi capelli neri, mani affusolate ed abili nel suonare. E’ un bardo, ma la sua musica non è dolce, è letale. Sento i lamenti dei bambini, le grida di una donna che piange la morte del suo compagno, un padre che si dispera per la sua famiglia distrutta. Quest’uomo così affascinante e perverso suona per la fine del mondo. E’ il Signore degli incubi… quelle note dense di angoscia sembrano quasi accarezzare la mia pelle. Non sono morta, sono ancora legata a questa terra, ma chissà dove sono finita, sono ancora distesa su quel gelido pavimento? Non sono morta… sto ricordando un evento passato.


signoreincubi1




Si alza dal suo trono, sul volto la tipica espressione di chi ha accettato una sfida. Lo sguardo fisso innanzi a lui, cosa o chi sta guardando? Sono giunte tre figure alle mie spalle: un lupo mannaro, un lich ed un eletto di Varda. I tre campioni! Shun, Demitri Voralberg e Greyson.


shundemitrigreyson




Sono pronti alla lotta e si scagliano contro l’oscuro bardo che fa calare una coltre di nebbia per disorientarli. Greyson utilizza i poteri della luce, Demitri lo contrasta con la magia ed ecco Shun, imponente, avventarsi contro il Signore degli Incubi. Sono senza fiato, osservo un pezzo della storia del mondo e vedo la disfatta di un potente cantore per mano di tre valorosi uomini. Luce ed ombra insieme… questo sono capaci di fare? All’improvviso vedo il lich prendere il violino e spezzarlo… è finita!
Una voce riecheggia in quella desolazione, lontana, proveniente da un altro mondo: < La vita sta tornando nella Terra di Mezzo > .
Ma i bambini continuano a piangere, perché? I tre campioni hanno vinto, la pestilenza è stata debellata, allora perché la disperazione la fa ancora da padrona?

Non sono più nel regno degli incubi, sto passeggiando in un luogo familiare, lugubre ed inospitale. Riconoscerei ovunque queste pareti, le maestose statue dei grandi uomini che furono, la città abbandonata, la roccia ove i morti stipularono un nuovo patto con l’erede di Isildur… Erech.
Una figura incappucciata emerge maestosa dal freddo pavimento di pietra. Tende una mano verso il precipizio e chiama le anime che una ad una lo circondano, muovendosi sinuosamente in una macabra danza. Volti di donne ed uomini che un tempo combatterono per la salvezza della loro terra … richiamati per sfamare il loro padrone, entrando nella sua stessa carne. Il mantello gli scivola a terra e lo riconosco… pallido, volto scarno e scavato, magro come uno scheletro ed inquietante. Una falce tra le mani…
< Raknar > dico a voce alta.


raknar




< Mio padrone, due viventi giungono qui alla Roccia, li dobbiamo fermare? > uno spettro fatto di fumo gli gira attorno e gli parla con voce profonda.
< Chi sono? > gli risponde Raknar.
< Un uomo… egli è un grande combattente, crudele, malvagio, senza pietà. Lo conoscono col nome di Arkan, ma non è del tutto umano, si dice che abbia sangue di demone in lui… la donna è figlia di una morion e del re di Carn Dum, essa è forte e potente e conosce la magia per scacciarci… > sussurra ancora la nube oscura.
< Interessante… lasciate che vengano a me, li farò una proposta allettante. Potrebbero decidere di votarsi ad un nuovo Signore… vai ora > e scaccia lo spettro con fare minaccioso.
Stringe il palmo della mano scheletrica per un breve istante, e mentre lo riapre vedo cadere a terra alcune larve.
< Sorgete, ascoltate la voce del vostro unico padrone… andate a Tharbad ed infettate gli umani…>
Dalle larve nascono le pustole… accidenti sono proprio loro… fanno un cenno a Raknar in risposta al suo comando e lentamente s’incamminano verso l’uscita. Sento le voci di Leo Mey e Arkan… stanno giungendo alla Roccia di Erech…

Volevo vederli ma il paesaggio è cambiato di nuovo… sono in un cimitero e non in uno qualunque, sono a Tumulilande. Un terremoto improvviso… mani scheletriche, eteree o in decomposizione fuoriescono dal terreno. Crepe nelle lapidi, tombe scoperchiate… vedo le pustole camminare lungo il selciato, accompagnate da scheletri, spettri e non morti di ogni tipo. La marcia su Tharbad… è già successo tutto ciò, non potrò salvare quei bambini e non potrò impedire la diffusione del morbo delle larve. Ma soprattutto non potrò fare nulla contro ciò che sta per succedere…
Sono dentro una tomba, la più bella, se così si può definire, colma d’oro e di tesori, vecchi tomi di necromanzia. Raknar ha le mani congiunte sul petto, l’espressione soddisfatta di chi è riuscito nella sua impresa.
< Evoca le anime per me, amico mio, e ti darò la libertà e lei… sarà tua per sempre > dice ad una figura seduta sopra un sarcofago… Dy’nesh.
< E sia… quale è la prima anima che vuoi nel tuo esercito? > gli chiede il numenoreano, con voce profonda e sensuale, tanto che io stessa ne sono affascinata.
< Elor Desh… > risponde il necromante.
< Ottima scelta, signore, grande condottiero in vita. Vi sarà fedele finché camminerà su questa terra >.
< Avrei potuto scegliere chiunque, ma dopo il rifiuto della numenoreana ho deciso di fare un dispetto alla casata dei Mey. E non solo… il mio obiettivo è distruggere chiunque respiri, comincerò solo da chi ha posto un ostacolo per primo sul mio cammino. Poi ci sono i Khan, ad esclusione della tua donna ovviamente>.
< E’ lei che mi ha ucciso… eppure nutro una stima profonda, questo non lo posso negare. Così come amo la mia principessa > gli dice Dy’nesh, con tono amareggiato.
< L’unica stima che dovrai provare è quella nei miei confronti, fa quello che ti dico e avrai la tua ricompensa! > urla Raknar stringendo la falce.
Il vampiro si limita a sorridere mostrando i canini e, aperto un portale magico, lascia la tomba. L’espressione compiaciuta di Raknar fa aumentare in me il desiderio di distruggerlo. Dannato bastardo. Se prova a mettere una mano su Caranthir giuro che… sono talmente arrabbiata che i miei occhi diventano rossi come il fuoco… sento una fitta al petto… fa male… *si tratta di una costola incrinata che si sta rimettendo in sede*


undeadfromtumuli




Passo Gelido, Torre sul Lago delle Stelle, mese di Narvinyë anno 1434 Q.E.

Kalayaan era ancora distesa a letto. Il sogno si era appena concluso e Morwen la vide agitarsi. Le ferite erano quasi del tutto guarite, i lividi assorbiti. Quando riprese conoscenza, dopo quattro giorni di sonno profondo, posò gli occhi sulla principessa; prima rossi come le fiamme oscure del Fato, poi lentamente del loro colore naturale, blu come l’acqua più pura e cristallina che si sia mai vista. Kalayaan strinse le labbra, i lunghi capelli blu notte le scivolarono sulla schiena e si mise a sedere sul letto. Era bella come non mai, l’unica nota stonata era la sua espressione: un misto tra la tristezza e la paura. La giovane haradrim scoppiò a piangere e Morwen cercò di avvicinarsi per abbracciarla. Kalayaan scivolò giù dal letto terrorizzata, gli occhi spalancati e il fiatone.
< Non mi toccare, ti prego > e continuò a piangere rannicchiata in un angolo della stanza.
< Ha bisogno di sfogarsi, teme il contatto fisico perché l’ultima persona che l’ha toccata le ha fatto del male. Dalle il tempo necessario per riprendersi, starà bene sorella mia > disse Leo a Morwen, posandole una mano sulla spalla. < Pensava di essere morta, che nessuno la potesse salvare… diamole tempo. Anche perché dovrà rivivere tutto, lei sa chi è stato e può mostrarcelo, ma non ora >.
Morwen annuì verso la regina. Entrambe rimasero lì in piedi ad osservare Kalayaan; sentirla piangere in quel modo, così disperato e così intenso, toccava anche il loro nero cuore.

Edited by Highway To Implosion - 11/1/2013, 14:25
 
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Passo Gelido, Torre sul Lago delle Stelle, mese di Narvinyë anno 1434 Q.E.

< Voglio mostrarti cosa è successo, zia Morwen… > disse Kalayaan alla principessa. < E poi mi farò accompagnare da un’ombra a casa, non posso restare qui >.
< Piccola, ti stai ancora riprendendo, qui sei al sicuro da qualsiasi cosa, e non è il caso che tu riviva quegli attimi per mostrarli a me. Io ho già visto, basta solo che tu faccia qualche nome o mi dica cosa hai sentito > le rispose Morwen riuscendo finalmente ad abbracciarla.
< Morwen ha ragione, piccola, qui sei davvero al sicuro. Ci mettiamo comode e ci racconti i particolari utili per identificare chi ti ha rapita. Poi ti lasceremo riposare, per una volta sii saggia e ascolta i nostri consigli > aggiunse Leo, indicando alla ragazza e a Morwen il divano.
< D’accordo, vi dirò ciò che vi servirà per trovare quelle persone. Però poi mi lascerete andare via con una o due ombre, se vi farà stare meglio e più tranquille. Ho delle cose da fare e mi devo allontanare da qui, vi prego. Vi assicuro che è la prima e l’ultima volta che qualcuno proverà a farmi del male, fidatevi di me! > esclamò con voce implorante la giovane haradrim.
< Yoru, Yuuki ed Isobel ti porteranno dove vuoi, ma non dovrai mai allontanarti da loro, MAI! >. Leo sottolineò la parola “mai” con particolare enfasi.
< Ma Leo… non può andare via così come niente fosse. E’ ancora convalescente, insomma mi meraviglio che sia proprio tu a permetterglielo > disse Morwen fissando la numenoreana, a bocca aperta.
< Se vuole andare via, non possiamo certo legarla e tenerla qui. Con tre ombre sarà al sicuro Morwen, e credo che ad Halandra ci sarà un’ulteriore protezione, no? > aggiunse Leo.
< Almeno spiegaci perché vuoi tornare subito a casa, insomma hai subito un trauma di solito si cerca protezione nella famiglia, Kalayaan > chiese Morwen riportando l’attenzione sulla ragazza.
< Lo so, zia Morwen. E’ che mentre ero addormentata i miei poteri hanno continuato a funzionare… e sono successe delle cose “personali”, ed ora ciò che voglio è andare via e stare nella mia casa, da sola a riflettere >.
Leo e Morwen si fissarono per un istante senza capire o afferrare il senso di quel discorso, poi posarono di nuovo gli occhi su Kalayaan.
< Vi prego… andrò via con un esercito se vi farà stare tranquille, ma non posso stare qui. Sto bene, mi sono sfogata, mi sento tranquilla e forte. Se dovessi aver bisogno tornerò, lo prometto > continuò la piccola, con una determinazione tale che le due donne sospirarono ed acconsentirono.
< Yoru, Yuuki ed Isobel. O starai qui > dissero all’unisono Leo e Morwen.
Kalayaan acconsentì con un vigoroso cenno del capo e con un sentito e liberatorio < Grazie >.
< Zia Morwen mi ha trovata subito, presumo sappia cosa sia successo senza che scenda in dettagli > continuò la giovane e, appena la principessa fece un “si” con la testa, proseguì nel racconto. < Ho ancora dei buchi di memoria, penso sia stata la paura e poi non ero concentrata a dovere, dato che mi teneva a gambe aperte e mi torturava con una lama… ho sentito la donna, quella coi capelli neri e tutta ingioiellata, chiamare l’uomo che mi infilzava con la lama col nome di “Bashir”. Non è stato fatto il nome di quell’altro che mi teneva per i polsi… so solo che ha una profonda cicatrice sotto l’occhio destro, è grosso e muscoloso, e ha segni evidenti di bruciature tra il collo e il bicipite sempre della parte destra. Non ho capito tutto il discorso che m’ha fatto mentre mi strappava la veste da notte, ho afferrato le parole “vendetta” e “torto da riparare”. Mi ci vuole ancora un po’ di tempo per riorganizzare i pensieri… spero che vi sia utile quello che v’ho detto >.
< Manderemo i maestri ad indagare su questo Bashir, poi so che Mord Loke sta facendo qualcosa assieme a tale Kassim, un guerriero haradrim > disse Leo a Morwen.
< Stanno indagando anche loro, pare abbiano una pista aperta > rispose la principessa.
< D’accordo, una volta ottenute le prove agiremo. Dobbiamo prima capire chi fosse quella donna > proseguì Leo.
< Mord e Kassim ci stanno lavorando, Leo. Hanno un sospetto più che valido > aggiunse Morwen.
< Io posso aiutarvi ad identificarli al momento opportuno, basterà che veniate da me o mi facciate chiamare. A voi la scelta… ora se non vi spiace, io andrei a casa… > disse Kalayaan, alzandosi.
< Non ti spostare da casa, non fare cose stupide e ascolta sempre le Ombre, sennò giuro che ti riporto qui in un batter d’occhi e non voglio sentire ragione! > disse Morwen, agitando un dito nella sua direzione.
< Ed io la aiuterò a trascinarti qui, ragazzina > aggiunse Leo, posando le mani sui fianchi. < Non farci pentire di averti dato ancora una volta una certa libertà >.
Kalayaan annuì. < Non voglio passare un’altra esperienza del genere, non farò nulla che possa mettermi nei guai, davvero… >
< Vai a salutare Caranthir, che si è davvero preoccupato. Ci sono anche Holan e Ra’hen, saranno felici di vedere che sei in forma e stai bene. Vai di sotto > le disse Morwen, sorridendo, mentre Leo, curiosa come sempre, la scrutò attendendo di vedere qualche reazione sospetta.
< D’accordo… vado di sotto > rispose Kalayaan, cercando di mantenere il controllo, ma persino il movimento repentino dei tatuaggi sotto pelle la tradì.
Leo e Morwen si scambiarono uno sguardo d’intesa e, quando la giovane haradrim affrettò il passo percorrendo il corridoio, si misero subito al lavoro per cercare informazioni su Bashir.

Era come camminare in una palude, i passi pesanti come non mai, l’andamento incerto, l’aria pesante e il respiro affannoso. Sentiva Isobel esortarla a farsi coraggio e proseguire. Una volta arrivata alla porta della sala da pranzo, Kalayaan si fermò e chiamò l’ombra.
< Che succede, piccola? > le chiese Isobel, bardata di nero dalla testa ai piedi.
< Non ce la faccio ad aprire la porta, ti prego portami via da qui > le rispose, mentre dalla sala si udivano le risate di Ra’hen e la voce di Caranthir che chiedeva ad Holan se preferisse il vino al liquore di datteri.
< La apro io per te. Non essere nervosa, non ne hai motivo > le disse Isobel passandole davanti e girando il pomello della porta.
< Certo, non ne ho motivo… > rispose a bassa voce Kalayaan, cercando di nascondere l’imbarazzo, la vergogna, l’ansia, e tutta una serie di sentimenti che decisero di emergere all’improvviso tutti assieme. Ma soprattutto cercò di combattere contro i desideri del suo cuore. “Non è cambiato niente, fa finta di nulla, non lo guardare negli occhi o sei finita. Concentrati su Ra’hen ed Holan. E’ sbagliato, non è quello che devi fare, non deve cambiare nulla. Testa alta, respiri regolari, sorriso stampato sul volto. Diamine calmati. Magari non se lo ricorda, era solo un sogno. Certo era un sogno, non sa nulla, non sospetta. Cammina. Non fa per te, che ti sei messa in testa. Sei patetica, ma guardarti. Tu hai il tuo mondo, lui il suo. Levati da questa sciocca testolina il pensiero. Basta, libera la mente" continuò a ripete la sua vocina interiore, come stesse recitando una filastrocca.
In realtà non avrebbe mai desiderato così tanto farsi piccola e sparire nell’angolo più remoto della Terra di Mezzo.

Edited by Highway To Implosion - 13/1/2013, 23:41
 
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view post Posted on 21/1/2013, 02:54
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Halandra, deserto dell’Harad, mese di Narvinyë anno 1434 Q.E.

Kalayaan era distesa a letto, dormiva tanto profondamente che nemmeno s’accorse che Maysun era entrata in camera a portarle qualcosa da mangiare. La vecchia governante ammirò per alcuni minuti il suo bel volto rilassato, l’espressione serena e felice, poi richiuse la porta e tornò in cucina.
< Deve aver avuto proprio una bella giornata, meno male > disse tra sé e sé.
Lo era stata per davvero, non poteva immaginare quanto. Una giornata talmente emozionante da averla letteralmente travolta. Tanto che le visioni dei suoi sogni nelle due notti successive avevano un unico filo conduttore: l’amore.


- Sogni -

La sabbia… calda e soffice… sono a casa… un uomo avanza verso l’oasi per dissetarsi. E’ un guerriero, stanco per la lunga battaglia, l’armatura sporca e coperta del sangue di chissà quale nemico. E’ mio padre, Ameen Najar, è una visione di rara bellezza, mi sembra di guardarmi allo specchio.

ameen

Si mette in ginocchio sorreggendosi con la spada piantata nel terreno, e trova pace e conforto in un sorso d’acqua. Lei è distesa su un ramo accanto a delle rocce, bella e magnifica… è mia madre… lunghi capelli blu come la notte, un corpo perfetto, armonioso e sensuale. Due occhi puri e cristallini… e mio padre la guarda… un altro sorso d’acqua fresca, ecco cosa sono gli occhi di mia madre per lui.

nihilis


Mio padre si leva l’armatura e le si avvicina … un bacio, tutto ciò che desidera dopo lunghi giorni di battaglia. E mia madre glielo concede… un forte lucore azzurro irradia dalla pelle di entrambi. Ora sono due grandi draghi blu che si sfregano muso contro muso per lunghi istanti e poi si uniscono in una strana danza come fossero un’unica cosa. Ed io li guardo, senza capire, o forse sto solo cercando di scacciare l’idea di averli colti in un momento di intimità. Accidenti sono i miei genitori, non dovrei vederli così!!!

nihilisameen


Ho le mani sugli occhi per non guardare, mi sto vergognando da morire! Ma per mia fortuna non sono più coi piedi sulla sabbia, ora sono al freddo, o almeno così mi sembra. Meno male, mi sentivo di troppo tra quei due…
C’è una battaglia in corso in una foresta colma di pini innevati. Un gruppo di elfi sta fronteggiando alcuni esploratori numenoreani… i confini di Angmar… vedo l’oscurità di Carn Dum alle loro spalle. Uno dei neri avanza con lo spadone, uccide un paio di arcieri. E’ alto, imponente, fiero… è il re di Carn Dum, si è lui. Uno dei suoi uomini lo chiama col nome “Elwyn”. Continua a massacrare gli elfi, combatte con forza e determinazione, nemmeno le frecce sembrano scalfirlo… merito di quella oscura armatura. Accade qualcosa di inaspettato, sfila l’elmo e vedo i suoi occhi, sono di un bel rosato acceso e brillante, come quelli della regina Leo. Si inchina verso il corpo di un’elfa bellissima, dai lunghi capelli ramati. E’ ferita eppure Elwyn non le da il colpo di grazia, la prende tra le sue braccia e la stringe con premura. Elor Desh lo raggiunge e litigano…
“Uccidila Elwyn, cosa diamine stai aspettando? Glorfindel sarà qui a momenti!”
Ma il re non sembra nemmeno sentire le parole del suo luogotenente, continua a fissare l’elfa come fosse la cosa più bella che abbia mai visto. Avanza lentamente, ora vedo la donna… ma è… Zeuraya! Oh accidenti è il giorno in cui si incontrarono vicino ad Angmar.

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Le immagini cambiano, si fanno ancora più oscure… non sono più nella foresta accanto ad Angmar, ma in un bosco. C’è sempre re Elwyn, si sta esercitando con qualcuno, almeno così sembra. Punta una scimitarra verso Zeuraya, che non ha più i capelli ramati, gli occhi verdi, la pelle candida… la corruzione… si certo sono in una visione successiva! Accidenti come è bella, le dona essere una morion. Sta praticando la sua magia, Elwyn la sfida a colpirlo, giocano e scherzano. Sono davvero una bella coppia. Zeuraya lo atterra con una mano possente e lui ride “Così non vale, mia oscura regina!” le dice. Lei si mette a cavalcioni sul suo amato “Non esistono regole nel nostro mondo, signore del mio cuore” e lo bacia. Ma no… anche loro! Ma che diamine di sogni sto facendo!


elwynzeu2


Oh ecco Leo… ha il pancione… è assieme ad un numenoreano che conosco molto bene, Ares Entreri. Sono al Passo Gelido e stanno parlando con zia Morwen.
“Spero vada tutto bene con Ares, sono passate alcune settimane d’altronde. Dovresti averci fatto l’abitudine, anche se so bene che non vuoi una guardia del corpo” le dice Leo, mentre Ares accenna un sorriso furbo.
“O certo Leo, mi trovo bene con lui non è invadente” le risponde zia Morwen, e guarda Ares in un modo un po’ particolare.
Ma certo…
E’ ovvio perché si trovi così bene con Ares. Sono l’uno nelle braccia dell’altra, immersi nelle calde acque della piccola oasi vicino alla tenda dei nomadi. Accidenti che bacio! E poi lui le dedica una canzone, mi emoziono nel sentire quelle note così appassionate. Che meraviglia…
“Era da così tanto tempo che non mi sentivo protetta e amata, Ares. Prometti che questa non sarà un’unica notte” gli dice la zia.
“Ce ne saranno molte altre, ora che ti ho trovata non ho intenzione di lasciarti andare, mia principessa. Scoprirai quanto io sia testardo, e quante cose sono in grado di fare per te” le risponde Ares.
Stavolta ho visto solo un bacio, meno male… mi sembra quasi sbagliato dover guardare i loro momenti, ma non riesco ancora a controllare il mio potere.


areszo fearellyn



Questo è un tempio, ma non so in quale città sia. Somiglia molto a quello di Minas Morgul, eppure non è lui. C’è la regina Leo, ha i capelli più corti, indossa una lunga veste nera e rossa, e parla con un’altra sacerdotessa che si chiama Febrith. Dev’essere il tempio di Melkor a Carn Dum, c’è anche il maestro Demitri con la sua sposa, presumo, una bella donna dai lunghi capelli corvini, alta ed elegante, e con un paio di vistose ali rosse. Elisa Dalley, così si chiamava la sua compagna che a quanto so sta ancora pagando per il suo tradimento. Non mi sta per nulla simpatica, ha l’aria da supponente.
Qualcuno entra nel tempio, lo riconosco subito, quel volto è così familiare e mentre lo vedo avanzare in direzione dell’altare gli sorrido, anche se so che è un vecchio ricordo e lui non può vedermi. Zio Morshandar si avvicina a Leo e le bacia una mano senza staccare mai lo sguardo adorante dai suoi occhi rosati … è la prima volta che vedo la regina mostrarsi vulnerabile: espressione spiazzata, balbettante, completamente disorientata. Colpo di fulmine… so che significa, non riesci più a controllare il tuo corpo, sei in balia delle emozioni!

E di nuovo cambia tutto attorno me, cuscini ovunque, tappeti, the e cibo in abbondanza. Ecco di nuovo Leo, è vestita in maniera succinta, penso di sapere cosa sta per succedere….
“Non sono più una donna sposata, Morshandar Khan….” dice allo zio, rilassato su un cuscino.
Non si ode una risposta e di nuovo mi metto le mani sugli occhi, perché lo zio le si è avventato contro con tanta irruenza che i vestiti hanno cominciato a volare in giro per la stanza. Io odio avere queste visioni!!!!


morshandar1 leoki




Oh no di nuovo una foresta… e vedo le foglie di Mallorn a terra sotto gli alberi. L’elfa più bella che io abbia mai visto le sta raccogliendo. Quando si accorge di un ferito, lì accanto. All’inizio sembra quasi spaventata, l’uomo a terra ha la pelle molto scura come gli uomini del deserto e i capelli rosso fuoco. Il nonno di Caranthir! E’ qui nei boschi di Lorien che Fearellyn l’ha incontrato la prima volta! E’ così premurosa verso quello che per lei è un nemico, si prende cura di lui e delle sue ferite. Altro esempio di colpo di fulmine, chi l’ha detto che non possa accadere tra due persone che sono l’una l’opposto dell’altra?


shruykhanfearellyn1


E così è stato infatti: Fearellyn è diventata una morion, come è successo anche a Zeuraya. E’ incinta di Morwen e Morshandar, non posso credere di assistere ad un tale evento. Guardarli assieme è qualcosa di indescrivibile, anche se so come andrà a finire una volta che i gemelli nasceranno. Quanto vorrei poter condividere con la gente libera tutto ciò che sto vedendo, perché tutti possano davvero capire che vivere nell’oscurità, nel famoso “male” di cui tanto parlano, non preclude l’amore, la gioia della nascita di un figlio, le emozioni e i sentimenti. La devozione di un drago per la sua compagna… di nuovo mi emoziono…



fearellyn3 shruykhan



Per una volta non avrei voluto cambiare visione, ma a quanto pare la mia mente sta seguendo il suo flusso e non mi lascerà prendere le redini, temo sia dovuto a ciò che sto provando che si riflette sul mio potere. A quanto pare ancora dovrò vedere qualcosa….
Di nuovo la neve, ma non sono nella foresta della mia visione di Angmar, sono a Rhùn. Accidenti come è bella, le case in legno decorate con lanterne di vario colore, gli alberi di ciliegio, le imponenti navi mercantili che fanno avanti ed indietro per il porto. E’ come se potessi sentire il profumo delle rose del deserto… ma la pace e la tranquillità che sto provando durano per poco. Un numenoreano si getta giù dalla finestra di un palazzo in fiamme e svanisce nella notte. Yoru? Era davvero lui?
Una guardia porta fuori dal palazzo una giovane ferita… Yuuki, come non riconoscerla.


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L’esterno di Rhùn si dissolve e mi ritrovo in un luogo sconosciuto. Vedo due ombre danzare, perché davvero ciò che vedo è un ballo tra due figure agili e sinuose che si spostano all’unisono tra luce ed oscurità. Le loro lame che si incrociano senza mai toccarsi e affondano i colpi nella carne dei nemici con precisione. Semplicemente Yuuki e Yoru, i due maestri delle ombre che mi sono stati accanto negli ultimi giorni, i due amanti che si sono ritrovati ed ora assieme svolgono il loro compito. Faccio fatica a seguirli, i loro avversari sono spacciati. V’è solo un altro ostacolo, Yoru punta la sua lama alla gola del vecchio, Yuuki alle sue spalle, un attimo ed è tutto finito.


yuukiyoru






Quando Kalayaan si svegliò, il sole era già alto in cielo. Sapeva di essere in ritardo per raggiungere l’Ambasciata, allora decise di usare un portale e di fiondarsi negli archivi alla velocità della luce. Per sua fortuna nessuno si era accorto della sua assenza e tirò un sospiro di sollievo.
Trascorse il resto della mattinata e parte del pomeriggio ad archiviare tutti i documenti che riguardavano i traffici delle spezie da Halandra a Minas Morgul e Rhùn. Durante una delle poche pause che si concesse, disegnò la gran parte delle immagini che aveva visto nei suoi sogni, con la sua solita precisione soffermandosi sulle linee dei volti, i particolari dell’ambiente. Non aveva nulla da invidiare ai pittori professionisti.
Fu solo al tramonto che le preoccupazioni cominciarono ad affollarsi nella sua mente: Caranthir stava bene? Era uscito illeso dalla sua escursione nel deserto? Era già rientrato a casa? Holan lo aveva accompagnato?
Cercò di scacciare i pensieri, d’altronde le aveva promesso che sarebbe tornato quanto prima. Questo però non la consolava del tutto, perché per quanto fossero passati solo due giorni, lui le mancava davvero tanto.
Raggiunse la torre di Morwen utilizzando un portale dimensionale ed entrò direttamente nella camera del giovane, ma lui non c’era. Kalayaan si guardò intorno, annusando il profumo del loto provenire da un vaso accanto al camino acceso. Si avvicinò al letto lasciandoci qualcosa e, dopo aver dato un’ultima occhiata alla stanza, aprì un altro portale per raggiungere Halandra.
Posato su un cuscino vi era un ritratto di Caranthir con una dedica in haradrim.


“Quasi più bello dell’originale, non trovi? Kala”


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view post Posted on 23/10/2013, 21:13
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~ ~ Speciale Halloween su Arda ~ ~

Halandra, deserto dell’Harad, mese di Narquelië anno 1434 Q.E.

< Ti prego Kala, ti prego, ti prego! > Ra’hen era entrata in modalità “occhioni da cucciolo” e cercava di convincere l’amica ad accettare chissà quale proposta.
< Lo so che è la Festa del Raccolto e lo spirito del “Voglio qualcosa di sanguinolento” si impossessa di noi…. Ma davvero questo è troppo macabro… > rispose Kalayaan sbuffando pesantemente.
< Dai Kala, fallo per me sono curiosa! > continuò con insistenza Ra’hen, pronta ad elencare tutti i pro della situazione < Punto primo: hai detto che non è pericoloso, non lo è quasi mai. Punto secondo: so cosa andremo a fare, so cosa lui faceva, so quanto è oscuro tutto ciò. Ci convivo dalla nascita, che male potrà fare a me o a te? Punto terzo: ci divertiremo da morire > e concluse regalando all’amica un sorriso furbo ed irresistibile.
< Voi Khan… riuscite sempre ad ottenere quello che volete > e si arrese alle richieste della giovane dai capelli di fuoco, sorridendo a sua volta < C’è solo una regola, Ra’hen, devi stare vicino a me. Non vorrei che la tua mente si perdesse tra quei ricordi, tua madre non ne sarebbe certo felice>.
Ra’hen si limitò ad annuire e attese paziente che l’amica facesse quel che sapeva fare meglio.

La giovane haradrim si sistemò dentro il cerchio di rune e poi, cantilenando una qualche formula magica, immerse entrambe le mani dentro la sfera di divinazione che aveva assunto forma liquida, invitando Ra’hen a fare lo stesso. E la stanza intorno a loro mutò all’improvviso, le pareti scomparvero lasciando il posto ad un panorama desolato ed un cielo rossastro come la lava che scendeva dal vulcano in lontananza; laddove prima vi era il pavimento era apparso un terreno roccioso e impervio. Un cratere dal diametro smisurato stava tra quelle montagne oscure: sprofondata giù in quella terra vi era un imponente roccaforte.

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< Eccoci ad Utumno. Siamo negli anni delle Lampade. Il nostro signore Melkor ha costruito questa fortezza e tutto il paesaggio intorno ad essa ha cominciato a mutare. La Primavera di Arda sta finendo… è l’era dei mostri e delle bestie > spiegò all’amica, mentre percorrevano un sentiero di pietra scura lungo e molto stretto sulle cui pareti spiccavano una serie di grandi occhi intenti a scrutarle, o almeno così pareva. Erano dentro un ricordo, in realtà nessuno si sarebbe mai accorto della loro presenza.
Kalayaan e Ra’hen si fermarono ai piedi di una scala colma d’ossa, ascoltando con interesse ciò che si udiva dall’interno. Una voce possente e profonda, tagliente come una lama, tanto bella quanto inquietante tuonò:
“Portatemene altri”
Conoscevano quella voce, apparteneva a colui che aveva generato la loro stirpe. Si fecero coraggio ed avanzarono nella sala oltre il grande cancello nero.

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LUI era seduto su un trono di roccia con nervature pulsanti di lava pura, una pesante e massiccia corona nera sul suo capo e Grond nella mano destra. Ai suoi piedi stavano una decina di Balrog, accucciati come fossero dei normali animali domestici felici di godere del loro pasto quotidiano: pura ombra che proveniva dalla mano sinistra dell’imponente figura.
Una volta finito di mangiare, le creature di fuoco si avventarono su quelli che sembravano orchi per frustarli e torturarli.
Kalayaan si mise innanzi all’Oscuro Signore, intimorita, qualcosa stava per succedere.
< Ora Ra’hen, osserva. Era quello che volevi sapere >.

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Melkor si era alzato dal suo trono posandovi Grond, e avanzava lentamente con l’espressione annoiata. Tutte le creature in quella sala, Balrog, esseri deformi ed Ombre, si spostavano per lasciargli libero il passaggio.
“Portatemi altri elfi, stupide creature inutili!” urlò in direzione di un gruppo di orchi.
Il suo volto una volta doveva essere bello, ora era solo una maschera nera priva di ogni emozione e guardare nei suoi occhi era come fissare il vuoto. Eppure il fascino che emanava era indiscutibile.
Due orchi stringevano fascette di cuoio sui polsi, le caviglie e sul collo di un elfo bellissimo, i cui tratti dolci del volto erano segnati da ferite alcune vecchie altre ancora aperte e sanguinanti, il resto del corpo rovinato da una serie di lividi più o meno grandi.

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< Cosa gli stanno facendo Kala? > chiese Ra’hen, girando attorno al tavolo dove l’elfo giaceva.
< Hai detto che volevi sapere come sono nati gli orchi. Come tu ben sai Melkor non poteva creare più nessun essere vivente dopo la ribellione, allora si limitò a corrompere ciò che già esisteva. Stai per vedere come lo faceva, e ti assicuro che non è un bello spettacolo. Quelli come noi lo sopportano, perché siamo fatti della stessa pasta del nostro Creatore, ma ti assicuro che per un umano o una qualsivoglia creatura dall’animo puro, tutto ciò sarebbe come avere una lama intrisa di puro veleno conficcata nel cervello. Addirittura tua madre pensa che sia un ottimo strumento di tortura > le rispose Kalayaan, quasi divertita.
Melkor posò una mano sul petto del malcapitato, il quale cominciò a contorcersi in preda a dolori lancinanti ed inimmaginabili.
“Non resistere al mio potere, ti prometto che rinascerai perfetto, libero da ogni costrizione che la tua natura di elfo t’impone, resterai immortale, perderai molto ma io ti donerò tanto di più. Arrenditi a me, diventa un mio figlio. Come tuo padre ti darò forza e potere”.
Le parole del Valar in lingua nera erano come una calda carezza. Il suo tono era così sensuale ed ipnotico che le due giovani haradrim rimasero a bocca aperta, e poco ci mancò che dalle loro labbra colasse un rivolo di bava.
L’elfo aveva di certo combattuto e resistito per mesi e mesi forse, ma Melkor sapeva come far cedere un cuore puro. L’oscurità che usciva dalla sua mano e penetrava sotto pelle era riuscita finalmente ad abbattere quel pesante muro che i più mantengono in piedi e senza una crepa: la volontà. Egli aveva ceduto alle lusinghe dell’Oscuro, piegato dalla sofferenza procurata da settimane di torture, aveva rinunciato alla luce per seguire suo Padre nella notte. E di quel bel volto rimase solo un pallido ricordo. Così come intorno alla fortezza tutto era morto e raggrinzito, anche il corpo dell’elfo si era adattato tramutandosi in qualcosa di contorto.
Ra’hen e Kalayaan si fissarono negli occhi condividendo un tacito pensiero, mentre gli orchi accompagnavano il loro nuovo fratello chissà dove.

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Melkor intanto era tornato a sedere sul suo immenso trono e aveva scacciato i balrog battendo pesantemente Grond sul pavimento. Aveva fatto un cenno verso le Ombre richiamandole a sé. Una ad una si ammassarono ai suoi piedi, adoranti, in attesa di un ordine o forse di un altro semplice cenno. Il Valar portò la mano sinistra libera sotto il mento, e fissò le sue fedeli Ombre senza mostrare alcun tipo di emozione.
“In futuro troveremo qualcosa da fare anche per voi, ora andate fuori dalla fortezza e portatemene altri. Basta con la primavera, è arrivato l’inverno!” tuonò di nuovo con la sua possente voce.
< In effetti hanno trovato qualcosa da fare > disse Ra’hen ridendo.
< Yoru e Yuuki, Danko! > disse Kalayaan.
< Veldrin e Koru > aggiunse Ra’hen arrossendo al pensiero del suo amato numenoreano.
< Isobel e Delith! Sennò si offendono > aggiunse a sua volta Kalayaan, e scoppiò a ridere assieme all’amica.
E mentre le due ricordavano i nomi delle grandi Ombre del loro tempo, quelle di Melkor lasciavano la sala del trono disperdendosi. E il Valar, per la prima volta da quando le due ragazze erano entrate in quel ricordo, sorrise malefico.

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Il ricordo si dissolse e le due giovani haradrim si ritrovarono di nuovo davanti alla sfera di divinazione.

< E’ stato terribile…> disse Ra’hen sistemando la folta chioma rossa.
< Già… Melkor ha sorriso. Da non crederci! > rispose Kalayaan massaggiandosi le tempie.
< E’ stata un’esperienza molto istruttiva. Grazie Kala>.
< E’ stato un piacere, Ra’hen. Ora possiamo andare ad intagliare le zucche? >.
< Oh si, e poi dobbiamo organizzarci per la cena. Stasera il nonno ci vuole tutti quanti a Palazzo, te compresa > disse Ra’hen puntando un dito verso l’amica.
Kalayaan sorrise ed annuì, sapere che Shruykhan l’aveva invitata ad una cena di famiglia la rendeva molto orgogliosa.


Da parte dei Mey, dei Khan, degli Entreri e dei Najar...

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view post Posted on 25/6/2014, 23:53
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Minas Morgul, residenza di Mord Loke, mese di Nárië anno 1435 Q.E.

- Estratto dal diario di Kalayaan -

[...]
Kizâd è davvero di poca compagnia. Continua ad andare avanti e indietro per questa sala e tormenta i due soggetti legati al tavolo delle torture. Per infierire mi ha appena ricordato che è trascorsa la mezzanotte ed è ufficialmente il giorno del mio compleanno. Dubito che mi faranno una festa a sorpresa con tanto di torta a più strati e decine di regali da scartare Entro domani mattina devo consegnare l'ennesima relazione. La Magia e la quinta cerchia: manipolazione dell'energia arcana ed elementale. L'ho finita da un pezzo e non so che altro fare, non posso nemmeno scrutare tra i ricordi del mio carceriere o in quelli dei due disgraziati legati al tavolo. Questo dannato bracciale comincia a pesare... la situazione mi va stretta ma ho commesso un errore troppo grande e merito la punizione. Però una ragazza diciotto anni li compie una sola volta. Poi non mi sento molto bene... la stessa sensazione di due anni fa... l'effetto della magia di Gheldar Menthor... il processo sta terminando. Avrei tanto bisogno di lui, di affondare le mani nella sua chioma rosso fuoco, ma questo conforto non me lo concederanno.
[...]


“Avevi detto che la relazione era finita, signorina.”
La voce di Kizâd incuteva sempre una certa paura a chi l'ascoltava, soprattutto per l'imponenza della sua figura e per il tono sempre troppo pacato. Il carceriere fissò Kalayaan dall'alto dei suoi quasi due metri a braccia incrociate, in attesa di una risposta.
“Si... stavo solo correggendo alcune imprecisioni. Il maestro è molto pignolo e non ama le sbavature d'inchiostro” rispose la giovane haradrim riponendo la piuma a terra.
Il numenoreano prese l'occorrente per la scrittura e lo posò su uno dei tavoli di marmo liberi.
“Anche se è il tuo compleanno, ragazzina, non ti è permesso stare sveglia sino a tardi. Devi riposare o mi accuseranno di non aver badato alla tua salute e al tuo benessere. Per avere la pelle scura sei pallidina. Mettiti a dormire subito”. Non sembrò tanto un consiglio quanto un ordine.
“Non mi sento molto bene, Kizâd. Essendo il mio diciottesimo compleanno la magia che mi ha fatto crescere è cessata. Il mio corpo sta trovando un equilibrio. Magari sarebbe meglio che la principessa Dy'noire o la principessa Annan venissero a controllarmi” chiese la giovane cercando di non abbassare lo sguardo. Avrebbe voluto qualcun altro ma onde evitare di mettersi in guai più grossi aveva optato per le principesse. Nessuno le avrebbe negato la loro visita.
“I corvi di Loke recapiteranno il messaggio. Qualcuno verrà per te. Ma ora mettiti a dormire”. Il carceriere prese una sedia e vi si accomodò, stiracchiando le braccia e poi allungando le gambe sul pavimento. Lo sguardo fisso sui due malcapitati legati al tavolo delle torture.
Kalayaan si distese su un fianco posando la testa sul suo mantello adattato a soffice cuscino per l'occasione.
Prima di chiudere gli occhi lucidi gonfi di lacrime pronte ad uscire a tradimento, soffiò via un cumulo di polvere accanto al palo di legno da cui fuoriuscivano le catene che le stringevano braccia e polpacci, ma senza procurarle troppo dolore. Immaginò per un attimo di spegnere diciotto candeline su una torta di fragole e cioccolato.
“Buon compleanno a me”.
Sorrise appena e asciugò una timida lacrima sulla guancia. Scivolò lentamente in un sonno senza sogni come accadeva da tante notti a questa parte.

 
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