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Era mio padre, La morte del vecchio Fynn e la nascita di un'Ombra.

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view post Posted on 29/4/2012, 20:14
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Il vento caldo di Umbar portava con sé il profumo del mare ma anche l’odore acre del porto e dei marinai. Appena fuori dal Corvo Nero una puttana cercava di racimolare qualche moneta per dare un senso alla giornata, mentre il capitano della Tempesta, disperato, cercava aiuto per ritrovare una vecchia amica. Ed è lì che vidi mio padre, il bastardo, in compagnia di quel vecchio ubriacone di Marey il cui unico obiettivo nella vita era girovagare per i bassifondi con una bottiglia di liquore, canticchiando canzoni da taverna che riuscivano quasi a far arrossire me.
“Dannazione Fynn, ti ho prestato quel denaro almeno una decina di giorni fa. Ci dobbiamo imbarcare e mi servono, che tu sia maledetto!” esclamò Marey cingendo con un braccio mio padre all’altezza delle spalle.
“Ho avuto una shpecie di incontro con la “Mora”, quella mi ha ripulito le tashche, le donne sharanno la mia rovina” rispose mio padre, col tono di chi ha trangugiato qualsiasi cosa avesse una certa gradazione alcolica.
“Che io sia dannato, Fynn!”
Ed insieme entrarono nella locanda, avrei volentieri scommesso chi tra i due sarebbe svenuto a terra per primo al bicchiere successivo. Ma era necessario che mio padre arrivasse nella sua camera, avevo bisogno di più tempo e soprattutto di un pretesto per agire.

“Pensa, rifletti Isobel… sono trascorsi più di due anni, sei diversa, tutto è cambiato. Ti ho portata in profondità, non puoi avere ORA pietà di quest’uomo. Ha usato tua madre, l’ha picchiata ogni giorno e infine l’ha uccisa; tu l’hai visto quella notte, eri sveglia nella tua camera e le lacrime sgorgavano come un fiume in piena. Hai pregato che quelle urla finissero, hai sentito tua madre esalare l’ultimo respiro tra le tue piccole, deboli braccia. Avevi 6 anni, eri innocente, lei ti aveva sempre protetto dalle atrocità e dallo squallore di Umbar. Lei voleva per te una vita migliore perché avevi del talento, e ce l’hai davvero. Glielo devi a tua madre, e lo devi a tutte quelle donne che dopo di lei hanno sofferto sotto il giogo di quel bastardo”.

“Non pensi solo a te stessa, e lo sai… hai mentito anche a lui quando te l’ha chiesto. Tua madre era il tuo mondo, il tuo piccolo perfetto angolo di felicità quotidiana. Sei invitata al grande banchetto in cui tu siederai come ospite d’onore. Prendi la lama, accarezzala come fosse un amante, ed usala contro di lui”.


L’Ombra mi sussurrava, un brivido lungo la schiena come un alito di vento che soffia leggiadro sulla pelle nuda. Ero io a volerlo, l’Ombra sarebbe stata la mia compagna di gioco, la mia spalla. Ma su una cosa si sbagliava, io non pensavo solo a mia madre benché meno a me stessa, c’era qualcuno nel mio nuovo mondo che manteneva viva la fiamma dell’umanità nel mio cuore. La corruzione mi aveva cambiata profondamente, dentro e fuori, ed ogni maschera che portavo faceva a pezzi la mia vera essenza. Lui era l’unico che riusciva a raccogliere ogni frammento e ad incollarlo, un filo invisibile che manteneva la vecchia Isobel legata a quella realtà. Gli avevo lasciato un biglietto, poche parole, ma lui avrebbe subito capito.

“Non mi vedrai per qualche giorno, ho una questione personale da risolvere. Non mi cercare, non mi chiedere di darti una spiegazione. Tornerò come sempre, lo prometto, ma se dovessi fallire… non voglio lasciarti scritto nulla, mi sentirei una stupida. Izzy”

Scelsi un posto ben appartato dentro la locanda, ordinai un calice di vino rosso e del pollo. La cameriera mi osservò quasi schifata, indossavo quanto di più lercio avessi nell’armadio, ero truccata per sembrare una donna matura con un’orribile cicatrice a deturpare ciò che già era inguardabile. Il mio sguardo era fisso su Marey o meglio sulla sua moneta portafortuna. Ogni pirata ad Umbar ha il suo amuleto senza il quale decide di non salpare, perché attira la sventura in mare secondo le leggende della città. Continuava a litigare con mio padre per il debito, e più bevevano più la volgarità delle loro parole aumentava. Quando il mio vecchio si lasciò cadere sul tavolo, gonfio di alcol come un palloncino, lasciai che l’Ombra mi coprisse e mi avvicinai a Marey sfilando con maestria la moneta dai suoi pantaloni.
“Hey Marey, meglio se ve ne andate a dormire entrambi, avete decisamente alzato troppo il gomito e le vostre liti non vanno mai a finire bene!” urlò Maquesta dal bancone, sfinita per aver servito birra ai tavoli e per aver tenuto a bada una compagnia di marinai chiassosi.
Marey fece un debole cenno col capo, sollevò mio padre e se lo caricò in spalla. Era forte e robusto, uomo di mare abituato a ben altro che al peso di un vecchio ubriacone, fece le scale con facilità e, con un calcio ben assestato, aprì la porta della camera. Gettò sul letto il bastardo, richiuse e si avviò verso la sua stanza. Mio padre era disteso supino, gli stivali che uscivano appena dal bordo del letto. La posizione ideale perché mi stava offrendo il suo petto spontaneamente. Uscii dall’ombra e rimasi per qualche minuto a fissarlo, non so se disgustata o altro. L’odio covava in me e strisciava come una serpe, quel bisogno di sangue e violenza che avevo provato negli ultimi anni stava per esplodere, si sentiva costretto dentro il mio corpo. La corruzione mi aveva resa bellissima, aveva amplificato le mie doti musicali, mi aveva reso una creatura perfetta, ma a che prezzo? La follia era ciò che dovevo pagare, gli attacchi di ira e di pura violenza, la sete di sangue che non potevo trattenere. Ero un’assassina, l’omicidio era la mia valvola di sfogo per non impazzire, per evitare di autodistruggermi nelle ombre. Con cura levai il trucco dal mio volto, con un balzo saltai sopra il letto e mi ritrovai faccia a faccia con mio padre. Avevo i suoi occhi, mi sembrò quasi di specchiarmi quando lui li aprì, mi sembrò di vedere il grande mare e le onde al tramonto, quando ancora mia madre era felice. Con la mano guantata gli accarezzai il volto, i tratti rudi rovinati dal troppo sole, la barba incolta, la cicatrice appena sotto il mento in ricordo di una lite sul molo.
“Isobel…”
E non disse altro… la mia mano destra era ferma sulle sue labbra, la sinistra stretta al pugnale che avevo conficcato nel suo cuore, un centro perfetto degno di un arciere. Ansimai quasi, la mia ombra era appagata, la stilettata aveva spento il mio desiderio di morte. Scesi dal letto agilmente, lasciai il pugnale conficcato nel suo petto e feci cadere sul tappeto la moneta portafortuna di Marey. Avevo finito, sarebbe stato il vecchio ubriacone a pagare per quella morte. Ubriaco, arrabbiato per quel debito, lo aveva pugnalato. Storia chiusa. Un pirata in meno in giro per Umbar, mio padre morto e sepolto. Non potevo chiedere di meglio.
Lasciai che l’Ombra mi avvolgesse e uscii infine dal Corvo Nero. Era notte, la puttana ancora cercava di attirare qualche cliente, una donna camminava di fretta trascinando per la manica suo figlio, qualche marinaio cantava inneggiando alle belle curve di una cameriera. Quasi quell’odore acre mi parve delizioso, camminai per ore lungo quelle strade sporche e inospitali, finché il desiderio di tornare a casa si fece più forte dell’adrenalina che mi scorreva nelle vene.
La sabbia del deserto lasciò il posto ai cumuli di neve… salutai con un cenno Haran ai cancelli, di fretta giunsi accanto alla locanda. Mi cadde la chiave per terra, una mano candida e fredda me la porse.
“Ti ringrazio Yuuki” ed entrai in casa.
Bruciai le vesti nel camino e rimasi nuda seduta sul tappeto. Fissavo il fuoco, lo scoppiettare della legna umida, la stoffa divorata dalle fiamme. Tutto era perfetto. Sfoggiai il mio sorriso più bello… ero io, nessuna maschera.

Edited by Highway To Implosion - 13/5/2012, 22:27
 
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view post Posted on 9/5/2012, 01:36
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Il sangue continuava a scendere lungo i bordi della vasca goccia dopo goccia, il dolore aumentava ad ogni tocco. Sywyn c’era andato davvero pesante… Avevo fatto qualcosa di profondamente sbagliato.

“Non la potete punire per aver ucciso quell’essere spregevole! Suo padre era un collaboratore del mercante di schiavi, prima o poi sarebbe morto” disse Tindra a Morrow.
“Ha agito spinta da motivazioni personali, ha gettato le colpe su Marey, una delle nostre spie ad Umbar. Potrei anche lasciar correre, ma stiamo parlando di un’umana, non di una numenoreana” la voce di Danko era come sempre pacata, come se niente al mondo lo potesse turbare.
“Un’umana che ha giurato fedeltà alla nostra regina, Morrow. Un’umana che ha abbracciato l’ombra e tiene testa a molti dei nostri maestri. Pensaci bene, ti chiedo solo questo”
“Io ho già deciso, Sywyn e Nelad la stanno aspettando di sotto. Lo sai come funziona qui, Tindra, anche tu ci sei passata”.
“Io però non avevo da fare i conti con la mia umanità e i sentimenti, Morrow. La ragazza non è pronta per la prova del Sotterraneo, e tu sei davvero sicuro di volerla lasciare in mano ai nostri fratelli? La uccideranno, il suo corpo non reggerà”
“Sorella mia, il fallimento della prova è di sé per un successo… la sua ombra la guiderà dopo aver preso il sopravvento. Siamo in guerra con i morti, non possiamo permettere che i nostri ragazzi si lascino distrarre da questioni personali o altro… Vuole essere una maestra? Ce lo deve dimostrare, questa è la mia ultima parola” detto questo Danko sollevò il cappuccio sulla testa, fissò per un attimo Tindra e sparì avvolto dalle ombre.
La donna si limitò a scuotere la testa, per quanto avesse fiducia nell’allieva di Yuuki era consapevole di quello che le avrebbero fatto i suoi fratelli. Si avviò nell’androne a cercare Yoru, sapeva che il giovane principe aveva una certa influenza sù Moril, l’unico che era in grado di far cambiare idea a Morrow.
“Mia signora” esclamò Yoru nel vederla, chinando appena il capo.
“Ho bisogno che tu chieda a Moril di pensare a ciò che gli ho detto stamattina. Non ritengo che la giovane sia pronta, i miei fratelli la massacreranno. Non v’è saggezza nel loro operato”.
“Ho già parlato con il Principe delle Anime.. è d’accordo con Morrow e ha consigliato lui quale dei vostri fratelli mandare nell’arena”.
“A questo punto mi auguro che la fiducia della vostra sposa sia ben riposta, principe Mor’dahud”.
“Nel suo operato di saggezza ve n’è, mia signora”.
E i due si scambiarono un sorriso d’intesa, anche se nel profondo del loro cuore sapevano che per un’umana la prova del Sotterraneo era peggio della morte.

Il sotterraneo era immenso, a sinistra si procedeva per il ponte sospeso dove si mettevano alla prova i riflessi, a destra i muri illusori.
Ero bendata ma non avevo paura, nonostante l’avvertimento di Morrow.
“Hai commesso un errore, Isobel Fynn. Per avere la nostra fiducia affronterai le Ombre nel sotterraneo. Sei davvero una maestra? Dimostracelo”.
Affrontare le Ombre… c’ero riuscita una volta, ma qui si trattava di combattere contro due, forse tre maestri anziani. Io potevo cantare, proteggermi ulteriormente, ma ero davvero pronta a VEDERE la vera oscurità di Morgul? Ne ero sicura. Ma quanto mi sarei sbagliata, quanto avrei avuto torto.
Mi lasciarono davanti al primo muro, tastai la parete con le mani e capì che la mia prova sarebbe stata quella dell’illusione. Tindra mi levò la benda, lentamente, e posò la sua mano sulla mia fronte. Buio totale e la prima cosa che vidi non mi piacque per nulla… al di là del muro mi aspettava Nelad. D’istinto cercai di cantare, ma la prima nota si soffocò in gola, e capì di essere silenziata. Il principe mi prese per un braccio con delicatezza e mi chiese di chiudere gli occhi e ascoltarlo.
“Se vuoi essere un maestro delle Ombre, la tua missione è proteggere chi ti viene assegnato senza fare troppe domande, senza prendere iniziative. Godi di libertà di azione, ma sei fedele al nostro Ordine, alla nostra parola. Come umana hai una debolezza: i sentimenti. Sei ancora legata ad una vita precedente che non ti appartiene più, non permetti all’Ombra di entrare nel tuo cuore, sei imperfetta. Ora io ti chiedo Fynn, sei davvero sicura di voler entrare in questa grande famiglia? Sei pronta a sacrificare la tua individualità per il gruppo? O per un tuo capriccio qualcuno morirà in battaglia?”
Non potevo parlare, emettere alcun fiato, mi limitai ad annuire.
“Non ti credo…” e svanì.
Il muro alle mie spalle si sollevò e mi ritrovai bloccata tra quattro pareti in uno spazio vuoto. Ad un angolo una donna era rannicchiata a terra, le braccia strette attorno alle gambe. Era mia madre, il volto tumefatto, le lacrime che cadevano copiose lungo le gote. All’angolo opposto un numenoreano ferito che invocava il mio aiuto. Ero indecisa, sapevo che mia madre era morta e non poteva essere lì, eppure qualcosa mi spinse verso il suo angolo, del numenoreano non me ne importò un bel niente. Nelad mi colpì su un fianco, sentì qualcosa rompersi e sputai sangue a terra, il dolore esplose ma non avendo voce fu un lamento silenzioso.
Nell’angolo ora vi era Yuuki con gambe e braccia legate, nell’angolo opposto un altro maestro delle ombre, con una lama conficcata dentro un braccio. Scelsi di salvare la mia maestra, e Nelad mi colpì sul fianco opposto con una violenza tale che mi buttai in ginocchio.
Yuuki lasciò il posto a Veldrin, supino con una mano posata sull’addome per impedire al sangue di fuoriuscire dalla ferita. Sarei andata da lui se non avessi visto Caranthir a terra, minacciato da uno scheletro. Aveva trovato la mia più grande debolezza, che bastardo… Nelad si mise a ridere e con un pugnale mi rigò il lato sinistro del viso, dalla bocca all’orecchio.

“Non agire in base a ciò che il tuo cuore vuole, rifletti e da’ priorità alle situazioni critiche. Non devi salvare chi ami, ma chi ha bisogno di te, devi fare il tuo dovere”.

La mia ombra… saggia consigliera.
Mi alzai dolorante, e alle prove successive fui impeccabile.
“Molto bene, Fynn, vedo che cominciamo a capire come funzionano le cose. Prosegui” e mi aprì un varco verso il ponte sospeso, dove ad attendermi era Sywyn, l’unica persona al mondo che riusciva a mettermi soggezione. Quando vide la ferita sul mio volto e l’espressione di dolore, accennò un sorriso.
“Mia bella Fynn, mi aspettavo di peggio, almeno riuscite ancora a camminare. Ma ora ci penserò io a voi. La mia prova consisterà nel misurare la vostra tempra e la vostra volontà. Mi dovrete dimostrare che è l’Ombra a guidarvi, e non viceversa. Un maestro non prova sentimenti, è duro e freddo come il ghiaccio. Esegue il suo compito in maniera pulita, protegge con la propria vita chi gli è stato assegnato, non si lascia distrarre dalle frivolezze del mondo, ne prende parte si, ma con distacco. E’ un’Ombra reale, il suo mondo è l’oscurità. Voi siete umana, la corruzione vi ha portata a noi, se volete essere una sorella dovrete cedere totalmente al lato oscuro, non basta esserci con la testa, dovete esserci con il cuore”.
Velocemente il principe svanì tra le ombre per apparire alle mie spalle, tanto agilmente che non riuscì ad evitare che mi prendesse le mani per legarle dietro con una spessa corda. Liberarsi era inutile, più ci provavo più la corda si stringeva attorno ai polsi. Sywyn mi gettò dal ponte verso il baratro, per mia fortuna l’acqua al di sotto attutì la caduta.
La voce mi era tornata perché quando urlai l’eco si diffuse nella grotta. Sywyn era davanti a me e mi sferrò un destro che mi fece ricadere in acqua. Con le mani legate facevo fatica, non mi potevo difendere, ma potevo ancora svanire tra le ombre e prendere tempo. Il principe, però, era fin troppo abile e riusciva a percepirmi ogni volta.
“Perché sei qui a Morgul, Isobel Fynn?”
“Per servire la regina e il popolo oscuro” gli urlai in faccia.
“Perché sei qui a Morgul? Perché?” e mi colpì all’altezza dello stomaco, facendomi sputare sangue.
“Perché sono un’assassina, non sono più una debole umana… sono un’ombra!” faticavo a parlare e a respirare, avevo di certo un’emorragia in corso.
“Perché ci hai disubbidito e hai ucciso tuo padre, perché hai permesso alla tua umanità di prendere il sopravvento?”
“Non meritava di vivere! L’ho fermato!”
“Ti avevamo proibito di prendere iniziative personali, essere un’ombra non ti da’ diritto di sfruttare le capacità che ti abbiamo insegnato per sistemare vecchi rancori” e mi colpì di forza sulla caviglia sinistra.
La sentì spezzarsi, un dolore che mai avevo provato prima. Mi misi in ginocchio in lacrime, per evitare di soffrire ancora gli dissi perché ero davvero lì. Avevo lasciato entrare l’oscurità in modo che non mi sarei mai pentita dei miei omicidi, che non avrei avuto rimorso o pietà per nessuno. Era facile come respirare, essere un’ombra mi permetteva di fare ciò che volevo senza doverne pagare le conseguenze. La corruzione era la via più semplice.
“Ed ora che ti sei vendicata, cosa ti tiene legata a noi?” e con un calcio sulla spalla destra mi procurò una lussazione, ma non urlai né piansi, il dolore aveva preso il sopravvento su tutto, anche su se stesso.
“Sono una vostra sorella, ombra tra le ombre, fedele alla regina di Numenor, fedele ai nostri alleati, fedele a voi principe, ai vostri fratelli. E’ ciò che sono, uno strumento per la battaglia che porterà il NOSTRO popolo alla conquista”.
“Parole da manuale, mia bella Fynn, ma davvero sacrifichereste tutto per raggiungere l’obiettivo? Sarete davvero capace di eseguire gli ordini lasciando da parte lo sciocco sentimentalismo che accompagna voi umani, esseri deboli?” e mi liberò i polsi, non per farmi stare meglio, ma per rompermene uno, quello destro. E cominciò una serie di torture, per ore ed ore, finché non cedetti.
“Io non sono umana! Io sono un’ombra, una vostra sorella, e se dovessi morire in missione ne andrò fiera, perché morirò con la certezza di avere onorato il codice dell’Ordine!”
“Allora farai ciò che un’Ombra deve fare, eseguire gli Ordini e non discutere?”
“Lo giuro!” ferita, dolorante in un modo che a parole non si può definire, urlai con forza quelle parole, sicura di ciò che dicevo, perché quel briciolo di umanità era svanito, era rimasta solo l’ombra.
“E’ la verità?” e mi colpì sul volto, sentì un occhio gonfiarsi, cominciavo a faticare nel mettere a fuoco le immagini.
“Lo giuro sulla mia ombra, possa morire ora se ciò che dico è falso!”
“D’ora in avanti sarai una vera maestra delle Ombre, rare saranno le volte in cui ti mostrerai, l’oscurità ti farà da manto e sarai strumento di morte. La tua umanità ti rallenterà e basta, rinuncia a lei, sorella” e, prendendo la mia mano sinistra, mi infilò all’anulare l’anello dell’Ordine.
Ero diventata una di loro, ero felice nonostante le mie ferite fossero gravi. Avevo superato la prova, ero viva nonostante avessi affrontato i due maestri più forti di Morgul.

Mi svegliai distesa a terra, il tappeto del mio salotto colmo di sangue. Mi strascinai fino alla cucina a cercare un bastone, avevo bisogno di appoggiarmi per stare in piedi, visto che avevo una caviglia rotta, un polso spezzato e una spalla lussata. A fatica raggiunsi i sotterranei, rimasi dentro la vasca da bagno per qualche ora credo, tanto quanto fu necessario all’ombra di rigenerarmi. Quando mi alzai le ferite superficiali erano completamente guarite, anche il taglio sul volto era un ricordo. Per le fratture ci sarebbe voluto più tempo, Sywyn mi aveva proibito di chiedere aiuto ad un sacerdote, come Ombra era mio compito badare a me stessa. Come barda, però, avevo un piccolo vantaggio rispetto agli altri maestri: mi potevo curare con un incanto. Mi distesi a letto ancora dolorante a fissare il baldacchino… il brutto di questa situazione non era tanto l’essere stata umiliata e torturata, ma il vuoto che percepivo nel mio cuore. Così si sentiva un’ombra di Morgul? Sywyn e Nelad avevano ragione? I sentimenti sono un inutile bagaglio nel nostro lavoro, ci rallentano? L’unica certezza è che non provavo nulla per niente e nessuno, la mia unica preoccupazione era guarire presto, all’Ordine i miei fratelli avevano bisogno di me.
 
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view post Posted on 13/5/2012, 21:43
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La regina Lëo sedeva sul trono, bella e fiera come sempre. I tratti elfici in lei sono piacevoli, la rendono aggraziata, molto femminile. Il suo sposo, il nostro re perché così noi tutti lo consideriamo (o almeno quella parte di Morgul che ha un minimo di cervello), sempre al suo fianco a tenerle la mano e a guardarla con quella venerazione che riuscirebbe a sciogliere anche un cuore nero come il mio. A volte vorrei che qualcuno mi guardasse davvero così, come se fossi la creatura più bella di questo mondo.

“Decisamente fuori luogo, Isobel”. Fuori luogo è il tuo commento, mia cara ombra…

“Mi ha detto Morrow che vi hanno porto le loro scuse per quanto successo l’altra notte, Isobel”
“Si mia regina, il principe Sywyn si è scusato personalmente” e la fissai negli occhi per mostrare quanto sincere fossero le mie parole.
“I metodi dell’Ordine delle Ombre sono stati sempre molto “violenti”, ma in questo caso si è superato un limite che avevamo concordato molti anni fa. Morrow ha ovviamente convalidato la vostra prova, maestra”. La regina mi sorrise, aveva ottenuto una piccola vittoria personale. “Verrete assegnata ad un nobile o ad un principe, e godrete di indubbi vantaggi dal punto di vista sociale, ora siete parte integrante del nostro popolo. Un notevole cambiamento per un’umana, non trovate?”
“Si mia regina, un cambiamento in positivo e sono onorata di servire voi, il nostro popolo e i fedeli alleati” chinai il capo verso la mia oscura regina, quando sollevai il volto vidi un’espressione familiare in quello del re, ridacchiava come qualcuno di mia conoscenza.
“Il mio amato suocero, colui che considero come un padre, ha richiesto la vostra presenza in Harad quindi vi consiglio di partire quanto prima, maestra Fynn”.
“Partirò immediatamente, mia regina. Porgo a voi e al re i miei più sentiti omaggi e ringraziamenti, per sempre fedele alla causa del nostro popolo, vi servirò nell’Ombra” mi chinai di nuovo e attesi che la regina e il re mi congedassero.
“Possa Melkor rafforzare la vostra Ombra da qui alla fine della vostra vita” detto questo la regina mi benedì, ed uscì dalla sala al braccio del suo sposo.

Sole… troppa luce e troppo calore… nemmeno sotto quella palma riuscivo a trovare refrigerio. Una volta ricordo che ero distesa lungo la banchina al porto di Umbar, amavo quel caldo solletico sul corpo e i raggi che mi illuminavano. La mia pelle non era poi così d’accordo, ma a me piaceva quel rossore che sarebbe diventato più scuro col passare dei giorni. Ed ora eccomi qui, a ripararmi da un vecchio amico.
Conoscevo fin troppo bene il palazzo di Halandra, ma questa volta sarei entrata nella sala principale mostrandomi al re. Shruykhan era davvero possente, muscoloso, le grandi ali rosse incutevano un senso di inferiorità tale che non potevi non abbassare lo sguardo… non osavo immaginarlo nella sua forma di drago. Accanto a lui la donna più luminosa che si possa mai vedere… Fearellyn…. una noldo di bellezza e grazia impareggiabili. L’avevo già vista molte altre volte, ma ora era diverso. Lei mi fissava il volto, ero scoperta niente mi nascondeva, i nostri sguardi s’incrociarono subito. Il re fece cenno di avvicinarmi, ed io m’inchinai ad entrambi.
“Maestra Fynn, vi ho convocato per un motivo specifico. Come alleati di Minas Morgul godiamo dei medesimi benefici del popolo oscuro, tra cui quello di avere dei maestri delle ombre a protezione della nostra persona. In molti mi hanno detto che siete abile, impeccabile ed istintiva… altri che la vostra umanità non vi permette di essere fredda nei giudizi immediati. Io giudicherò SOLO…” la sua voce profonda risuonò per la sala “il vostro operato da ora. Non mi interessano i mezzi utilizzati per raggiungere i vostri obiettivi, siete una maestra, perciò libera di agire a vostro piacere. Deludetemi e farò ciò che mi riesce meglio, farvi pentire del vostro fallimento” e detto questo si alzò dal trono per avvicinarsi a me che continuavo a stare inchinata con un ginocchio poggiato a terra.
“Il vostro compito d’ora in avanti sarà proteggere, finché avrete vita, un membro della mia famiglia. La sicurezza del principe Caranthir è nelle vostre mani, sarete la sua ombra e lo seguirete ovunque egli voglia andare. Mi aspetto che lo proteggiate anche se lui non sarà d’accordo” e sorrise alla moglie, in un gesto d’intesa.
“Lo proteggerò con la mia stessa vita, re Shruykhan, non ne abbiate timore” lo guardai dritto negli occhi e attesi che mi chiedesse di alzarmi. La regina mi posò una mano sulla spalla e mi sorrise.
“Io non ho dubbi, conoscete nostro nipote molto bene e lo avete già protetto anche se non era dovuto. E poi non lo lascerete mai morire, vero?” la sua domanda poteva avere molti significati o nessuno, eppure il mio istinto mi diceva che mi aveva appena lanciato una frecciatina.

“Certo che te l’ha lanciata… è una divinatrice, un’abile lettrice di anime, pensi di essere solo tu un passo avanti a tutti gli altri?” la mia ombra… simpatica non è vero?

“E so che siete una cantante sopraffina, spero che nei giorni in cui sarete qui a palazzo con noi mi delizierete con la vostra voce” continuò la regina.
“Certamente, mia signora. Spero di essere all’altezza delle aspettative” e chinai il capo nella sua direzione, raramente mi era capitato di ricevere un complimento del genere, il mio ego artistico era cresciuto a dismisura.
“Ora andate, maestra Fynn. Attenderete che mio nipote si svegli e lo seguirete, a palazzo abbiamo alcune leggi da rispettare. Le donne e gli uomini non alloggiano in camere vicine, ma separate. La vostra stanza sarà accanto all’harem, è lì che resterete finché il sole non calerà e dove dormirete” Shruykhan sapeva bene che quella legge non era molto “seguita”, ma dirlo ad alta voce era un modo come un altro per ricordarlo ai trasgressori.
“Buona giornata ad entrambi, miei signori” e li salutai. Sentì la regina commentare: “E’ davvero molto bella, ha due occhi che ti catturano se glielo permetti…”.
Una volta entrata nelle stanze sarei uscita nel giardino e da lì avrei raggiunto la camera degli uomini, nessuna delle guardie era tanto abile da potermi vedere avvolta dal manto della mia ombra.

Caranthir era disteso a pancia in giù tra i soffici cuscini colorati, una bottiglia di liquore vuota sul pavimento, qualche abito femminile sparso per la stanza. Si doveva essere particolarmente divertito la notte prima, dato che era quasi pomeriggio e ancora dormiva. Mi misi seduta in un angolo, restando in ombra, ad ammirare i suoi lunghi capelli rossi, i ciuffetti ribelli a coprire parte del volto, il suo corpo così ben definito e impreziosito dai tatuaggi. Non l’avrei mai svegliato, perché sarei rimasta ore ed ore a guardarlo in silenzio. Quando si sarebbe svegliato sarebbe cessata quella “magia”, e avrei dovuto calarmi nella parte dell’amica disinteressata. Scacciai subito quell’idea.

“Prima o poi lo consumerai se continui a fissarlo, mi fai quasi paura” come se potessi davvero spaventarti, stupida ombra.

L’ultima volta che mi sentì amata avevo sei anni, poi mia madre morì portandosi via tutta la luce e la gioia del mio cuore. Caranthir mi aveva detto più volte di non essere capace di amare, eppure lui non sapeva quanto affetto mi stesse regalando. C’era lui dietro tutto, avrebbe davvero distrutto pietra per pietra l’intero ordine delle Ombre se solo avessero osato toccarmi un’altra volta. Ero la sua ombra, potevo desiderare di meglio? Sywyn aveva cercato di sopprimere i miei sentimenti umani e in parte c’era riuscito, però non poteva strappare via ciò che io provavo per lui.

“E ammettilo… o ti serve una sviolinata al tramonto?” la mia ombra… è come avere qualcuno che ti sussurra continuamente, un fastidioso insetto che ti ronza attorno mentre dormi, un ramo di ortica sotto i piedi…

Se qualcuno in quel momento avesse visto il mio gesticolare animato, mi avrebbe dato della pazza senza dubbio. In realtà discutevo con la mia ombra perché era riuscita a farmi ammettere l’impensabile.

“E quanto ci voleva? Visto che lo ami cerchiamo di proteggerlo… facciamo un patto io e te, Isobel, ci stai?” e annuì nel vuoto. Come pazza ho dello stile…
“Se mi permetterai di averti completamente non ti farò impazzire, insieme faremo grandi cose, concedimi solo di entrare nel tuo cuoricino, non chiedo altro” annuì di nuovo.

Erano trascorsi due anni dal nostro incontro eppure continuavo a tenerla fuori dal mio cuore, e lei per dispetto giocava con la mia mente. Aveva corrotto i miei pensieri, si era portata via il colore dai miei capelli e dalla mia pelle. Non volevo che si portasse via tutto. Ora però avevamo stipulato un patto, non mi potevo tirare indietro. Mi resi conto che la mia ombra non era poi così male, ora che eravamo un tutt’uno non la sentivo più ronzare dentro la mia testa a commentare sarcasticamente ogni mio atto.
Posai di nuovo lo sguardo sù Caranthir che si era messo supino, al collo portava il ciondolo che gli avevo regalato per il compleanno. Ciò che provai non lo si può descrivere, è come se all’interno delle tue viscere qualcosa si mettesse in movimento. Lo lasciai dormire, perché ora anche la mia ombra lo stava ammirando ed amando.

---- THE END ---
 
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